I fiori di Kirkuk

Golakani Kirkuk

2/5
Dopo Miral, il cinema guarda ancora al Medioriente dalla parte delle donne. Scorciotoie estetiche e trasparenza di sguardo nel segno dell'utopia, in Concorso

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SVIZZERA 2010
Iraq, anni 80. Najla è una giovane dottoressa che si troverà costretta a scegliere tra le tradizioni delle sue origini e i nuovi ideali che le potrebbero fa realizzare i suoi sogni.
SCHEDA FILM

Regia: Fariborz Kamkari

Attori: Morjana Alaoui - Najla, Ertem Eser - Sherko, Mohamed Zouaoui - Mokhtar, Mohammad Bakri - Sherko 20 anni dopo, Maryam Hassouni - Rim, Ashraf Hamdi - Rasheed, Falah Fleyeh - Zio, Shilan Rahmani - Bayan, Sarkaw Gorany - Karim, Fehd Benchemsi - Hashem

Sceneggiatura: Fariborz Kamkari, Naseh Kamkari

Fotografia: Marco Carosi

Musiche: L'Orchestra di Piazza Vittorio

Montaggio: Marco Spoletini

Scenografia: Malak Khazai - Malakdjahan Khazai, Sima Yazdanfar

Costumi: Malak Khazai, Simona Marra

Effetti: Fernando Sabelli

Altri titoli:

The Flowers Of Kirkuk

Durata: 115

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 35 MM

Produzione: FABRIZIA FALZETTI, MARCEL HOEHN DOROTEA MORLICCHIO FRANCESCA MORLICCHIO CLAUDIO TESAURO CARLO NIZZO MICHELANGELO MORLICCHIO GIULIA FRETTA PER FAROUTFILMS, T&C FILM, OSKAR, VISUAL K PRODUCTIONS

Distribuzione: MEDUSA

Data uscita: 2010-11-19

TRAILER
NOTE
- IN CONCORSO ALLA V EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA (2010).
CRITICA
"La storia vera dei fiori di Kirkuk profuma di cine-ricatto. Solito discorso: operazione courage encomiabile per location reale e un regista che per le sole sue radici tormentate (curdo nato in Iran, vive in Italia) merita rispetto. Ma il film? Non basta trasformare Giulietta e Romeo in medici senza frontiere a Kirkuk per garantire la qualità. Neppure se il melò è etichettato 'apolide' perché troppo transnazionale di produzione. (...) Uno strazio su tutti i fronti, e nulla si aggiunge a una storia purtroppo nota o a un cinema che vorremmo conciliasse degnamente la forma ai nobili contenuti. Peccato." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 18 novembre 2010)

"È bello conoscere la Storia tramite piccole storie quotidiane, magari di eroi silenti e di eroine romantiche, che senza il cinema non avrebbero né voce né volto. È dall'exploit di 'The Millionaire', d'altronde, che il pubblico occidentale incontra bendisposto certe vicende di guerra, pregiudizi e povertà orientali, speziate da film sentimentali come questo dello sceneggiatore e regista curdo Fariborz Kamkari, classe '70. In apertura, l'abbattimento delle statue di Saddam Hussein, ripreso dai network mondiali, colloca il racconto nell'Iraq oppresso dal regime. (...) Sullo sfondo d'una brutalità assoluta, sfila un docudrama che mescola elementi da commedia amorosa e accuratezza storica, restituendo allo spettatore (ma è più un film per platea femminile) lampi di umanità tormentata e redenta. L'Orchestra di Piazza Vittorio firma la piacevole colonna sonora di questa prima coproduzione internazionale (Svizzera, Italia, Iraq) girata in Iraq dall'inizio della guerra, nel 2003 e messa in concorso al Festival di Roma. Dedicato a chiunque preferisca stare dalla parte della vittima, anziché del carnefice, 'I fiori di Kirkuk' presenta quelle (volute) ingenuità formali, che tanto piacciono allo spettatore anche smaliziato, ma in cerca di emozioni nette." (Cinzia Romani, 'Il Giornale', 19 novembre 2010)

"Piacerà a chi predilige i drammi raccontati con cognizione di causa (il regista è un curdo scampato alle rappresaglie di Saddam)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 19 novembre 2010)

"Si deve gratitudine infinita al regista curdo Fariborz Kamkari (oggi residente e attivo in Italia) per avere avuto il fegato di raccontare il genocidio del proprio popolo pianificato in Iraq alla fine degli Ottanta dal dittatore Saddam Hussein. Ma non si può dire che 'I fiori di Kirkuk', adattato da un romanzo dello stesso autore classe 1971, e presentato all'ultimo Festival del Film di Roma, sia un film particolarmente nuovo o raffinato. (...) La prima coproduzione internazionale girata in Iraq dall'inizio della guerra nel 2003 passerà, dunque, alla storia per validissimi motivi escluso quello della forma." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 19 novembre 2010)