FEBBRE A 90º

FEVER PITCH

GRAN BRETAGNA 1996
Paul Ashworth, insegnante inglese sui 35 anni, è un tifoso accanito dell'Arsenal, che però ormai da otto anni colleziona in campionato solo brutte figure. Insegna in una scuola media nella zona nord di Londra e qui un giorno incontra Sarah, una collega seria e riservata molto attaccata al proprio lavoro. I due cominciano a frequentarsi, lui dice di lei che è troppo formale, lei dice di lui che ha qualche problema perchè ha fatto del calcio una malattia. Tuttavia cominciano a vivere insieme. Mentre il campionato procede, Paul rivede l'inizio della propria passione, quando, grazie all'Arsenal, riuscì a riconciliarsi con il padre in un momento difficile dei loro rapporti, e, più avanti, a trovare sia una dimensione professionale sia un senso di appartenenza e di identità, che per lui era prima sconosciuto.Intanto l'Arsenal perde colpi, e Sarah avverte il pericolo di legarsi ad un uomo, il cui carattere è emotivamente legato agli esiti di ogni singola partita. Sul finire della stagione, l'Arsenal ha un'impennata ed arriva a giocarsi il titolo nell'ultima partita contro il Liverpool. L'Arsenal vince e, nel momento di maggior nervosismo e insieme di grande gioia, Sarah capisce che il calcio può essere più di un semplice gioco, una passione sincera e genuina. Ritrova allora Paul e, con maggiore comprensione, i due tornano insieme, più consapevoli anche del figlio che Sarah sta aspettando.
SCHEDA FILM

Regia: David M. Evans

Attori: Annette Ekblom, Bea Guard, Richard Claxton, Luke Aikman, Stephen Rea, Charles Cork, Bob Curtiss, Colin Firth - Paul Ashworth, Ruth Gemmell - Sarah, Lorraine Ashbourne - Madre Di Paul, Mark Strong - Steve, Holly Aird - Jo, Ken Stott - Ted, Neil Pearson - Padre Di Paul, Peter Quince

Soggetto: Nick Hornby

Sceneggiatura: Nick Hornby

Fotografia: Chris Seager

Musiche: Neil MacColl, Boo Hewerdine

Montaggio: Scott Thomas

Durata: 105

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Tratto da: TRATTO DAL ROMANZO "FEVER PITCH" DI NICK HORNBY.

Produzione: AMANDA POSEY

Distribuzione: MIKADO FILM - BMG VIDEO

NOTE
REVISIONE MINISTERO NOVEMBRE 1997
CRITICA
"Tratto dal romanzo autobiografico di Nick Hornby, 'Febbre a 90°' di David Evans nasce da una terapia psicoanalitica fallita e conclude così: per innamorarsi di una squadra la si corteggia a lungo, poi la si sposa e a quel punto i 'due diventano una famiglia che i nuovi arrivati fidanzate, mogli) non possono sostituire ma completare. Anche se perde un po' della brillantezza del romanzo, il film è da consigliare a chi conta con Rita Pavone: 'La domenica mi lasci sempre sola...'". (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 14 gennaio 1998)

"Se dovessimo stabilire una priorità fra libro e film, non c'è dubbio che la pagina batterebbe lo schermo. David Evans, regista esordiente di matrice televisiva, se la cava onorevolmente ma non è certo Mike Leigh. E nella trasposizione la cruda, ambigua e a momenti derisoria sincerità del memorialista che nella sua passione sportiva si autodenuncia come caso clinico, non è altrettanto convincente attribuita a un personaggio di fantasia. Però il film si fa vedere lo stesso per doti di freschezza e originalità". (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 29 novembre 1997)

"Dialogato vivacemente e diretto in forma piana da David Evans, che viene dal teatro e dalla tv, 'Febbre a 90°' è anche un referto antropologico sui rapporti tra il gioco del calcio e l'immaginario celtico: più cupo e aggressivo di quello latino, ma anche disorientato e alla ricerca di una identità collettiva che solo il football, ai nostri giorni, sembra in grado di dargli. Che Colin Firth ('Another Country', 'Persuasione') non fosse un attore come tanti altri lo si vedeva già. La sua presenza s'imponeva sullo schermo anche quando gli toccavano ruoli da non protagonista ('Il paziente inglese'). Ora una notizia conferma la sua singolarità: benché lo volesse Hollywood, Firth ha preferito restare in Inghilterra per interpretare il film di un regista debuttante, regalandosi così un ritratto di 'young angry man' che fa di lui molto più di una promessa". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 30 novembre 1997)