Fatalità

ITALIA 1946
Vincenzo è un giovane imprenditore, pieno di iniziativa, che è riuscito a ripescare nel Tevere una draga affondata dai tedeschi, e ne assicura il funzionamento. I suoi affari prosperano, e con la sua giovane moglie, Paola, che egli adora e ha sempre al fianco, può fare una vita relativamente agiata. Ma non hanno figli, e forse per questo la donna trova quella vita troppo monotona, e presta l'orecchio alla narrazione vivace, che Renato, il comandante della draga, le fa delle sue esperienze nelle lontane Americhe. Improvvisamente Renato dichiara a Paola il suo amore, e le propone di fuggire con lui. Paola accetta, ma quand'è sul punto di fare il passo decisivo, nel piccolo albergo, dove con Renato dovrebbe aspettare l'ora della partenza, viene presa dal disgusto e dal rimorso, e ritorna al marito. Disgraziatamente nella piccola stanza d'albergo, dove Paola ha passato pochi momenti con Renato, si svolge quella notte una tragedia. La polizia vi trova, tra l'altro, l'anello di sposa, che Paola vi ha lasciato. Quando Paola, ignara di tutto, si reca all'albergo a cercare il suo anello, viene raggiunta dal marito, messo in sospetto da una notizia del giornale, che l'investe e dopo un breve scambio di parole l'uccide.
SCHEDA FILM

Regia: Giorgio Bianchi

Attori: Amedeo Nazzari - Renato Salesi, Maria Michi - Paola, Massimo Girotti - Vincenzo Masi, Tanino Chiurazzi - Carlino, Anita Durante - Adele, Margherita Nicosia Bossi

Sceneggiatura: Tullio Pinelli, Vitaliano Brancati, Sergio Amidei

Fotografia: Mario Craveri

Musiche: Enzo Masetti

Scenografia: Gino Sensani

Durata: 95

Colore: B/N

Genere: DRAMMATICO

Tratto da: "Aniello 'a ffede" di Rocco Galdieri

Produzione: SANDRO GHENZI PER UNIVERSALCINE

Distribuzione: GENERALCINE - LINEAFILM

NOTE
-TRA GLI INTERPRETI HANNO PARTECIPATO I MECCANI E I MARINAI DEL PORTO FLUVIALE E DELLA DRAGA
TIBERINA. - LE MUSICHE DIRETTE DA: FERNANDO PREVITALI.
CRITICA
"[...] Giorgio Bianchi ha trovato la sua strada e abbiamo fiducia che migliori sempre più. Possiamo fare un appunto: quello di aver attinto troppo abbondantemente le sue idee da Renoir e Carné senza poter esprimere quello che i registi francesi con gli stessi mezzi hanno espresso [...]". (L. Baschieri, "Hollywood", n. 33 del 16/8/1947).