LA FIGLIA DEL MENDICANTE

ITALIA 1951
In una villa, a Napoli, è stata uccisa una signora straniera: del delitto viene accusato un povero mendicante, privo d'un braccio. Paolo, che benché innocente, viene condannato a venti anni. La figlia del poveretto, Anna, s'è adoperata inutilmente a favore del padre: ha ottenuto soltanto l'appoggio morale di Franco, figlio del giudice, che ha condannato Paolo. Franco ch'è il capo d'un gruppo di patrioti, partigiani di Garibaldi, fa indagini per conto suo sull'assassinio ed è indotto a sospettare di suo cognato Giorgio, capo della polizia e dell'ex cameriera dell'uccisa, che ora è al servizio di Giorgio. Intanto Anna, insidiata dalla propria matrigna, che tenta di far mercato della fanciulla, si salva con l'aiuto d'un altro patriota. Franco affida ad Anna la gestione d'un negozio di fiori, che serve di convegno ai suoi amici. Alla vigilia dell'ingresso in Napoli dei garibaldini, Giorgio fa arrestare Franco, che viene poi liberato dai patrioti. Scoppiata l'insurrezione, s'aprono le porte delle prigioni. Giorgio viene ucciso dalla cameriera, unica testimone del suo delitto, ch'egli aveva fatto arrestare. Anna e Franco, felici, vanno a liberare Paolo.
SCHEDA FILM

Regia: Carlo Campogalliani

Attori: Ciro Berardi, Jody Desmond, Alfredo Varelli, Umberto Silvestri, Franco Pesce, Ave Ninchi, Francesca Serni - Anna, Steve Barclay - Franco, Renato Valente - Giorgio, Jole Fierro - Lelia, Paola Barbara - Fanny, Nico Pepe, Gustavo Serena, Nino Marchesini, Carlo Chiesini, Amina Pirani Maggi, Domenico Serra

Sceneggiatura: Anton Giulio Majano, Mario Massa, Carlo Campogalliani

Fotografia: Fernando Risi

Musiche: Franco Casavola

Scenografia: Giulio Giorgis

Durata: 90

Genere: DRAMMATICO

Tratto da: DAL ROMANZO OMONIMO DI CAROLINA INVERNIZIO

Produzione: EXCELSIOR FILM

Distribuzione: EXCELSIOR/LO BIANCO

CRITICA
"E' un drammone a forti tinti che non ha nulla di eccelso ma neppure nulla di infimo. E' senza pretese artistiche ma è probabile che non le cercasse neppure. Gli interpreti hanno sovente momenti buoni e in altri cadono facilmente nell'enfatico più vieto". (E. Fecchi, "Intermezzo", n. 11/12 del 30/6/1951).