Il lungo silenzio

FRANCIA 1993
Una storia di ordinaria paura ambientata - in un futuro più o meno prossimo - in una qualunque città italiana, Roma per esempio, epicentro simbolico, e non solo, della collusione fra poteri politici e poteri criminali. Qui vivono Carla Aldrovandi, una ginecologa, e suo marito Marco Canova, magistrato "in prima linea". L'esistenza di Carla è dominata e condizionata dal terrore, aggravato da frequenti minacce, che il giudice - impegnato in una complessa indagine sulla Cooperazione allo sviluppo e su un sofisticato traffico d'armi scaturita da una precedente inchiesta sulle tangenti - possa essere assassinato da un momento all'altro. Cosa che puntualmente si verificherà e che spingerà Carla, dopo i primi terribili momenti di dolorosa prostrazione, a reagire e a non arrendersi, nel tentativo di giungere alla verità e di spezzare insieme ad altre donne nella sua stessa condizione il muro del silenzio, del "lungo silenzio" del quale da sempre si sono giovati e ancora si giovano i mandanti e gli esecutori dei tanti fatti e misfatti che insanguinano e abbrutiscono questo straordinario e disgraziato Paese.
SCHEDA FILM

Regia: Margarethe von Trotta

Attori: Carla Gravina - Carla Aldrovandi, Jacques Perrin - Marco Canova, Giuliano Montaldo - Tommaso Pesce, Paolo Graziosi - Francesco Mancini, Ottavia Piccolo - Rosa, Alida Valli - Madre Carla, Agnese Nano - Maria Mancini, Ivano Marescotti - Fantoni, Antonella Attili - Moglie di Fantoni

Soggetto: Felice Laudadio

Sceneggiatura: Felice Laudadio

Fotografia: Marco Sperduti

Musiche: Ennio Morricone

Montaggio: Nino Baragli, Ugo de Rossi

Scenografia: Antonello Geleng

Durata: 90

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI

Produzione: FELICE LAUDADIO PER EVENTO SPETTACOLO UNION P.N. (ROMA) - K.G. PRODUCTIONS (PARIGI) - BIOSKOP FILM (MONACO)

Distribuzione: UIP - POLYGRAM FILMED ENTERTAINMENT VIDEO

NOTE
- PRODUTTORI ESECUTIVI: CONCHITA AIROLDI, DINO DI DIONISIO.

- PRODUTTORE ASSOCIATO: GIORGIO LEOPARDI.

- REVISIONE MINISTERO MARZO 1993.
CRITICA
"Fino a quando un obiettivo mobilissimo e nervoso registra la vita soffocata della moglie di un magistrato sotto scorta e scandaglia le sue giornate imprigionate dietro finestre sempre chiuse, il film riesce a trasmettere allo spettatore il senso d'angoscia e di impotenza di questi personaggi e di questi anni. Ma quando il magistrato viene ucciso, allora il film tradisce se stesso e le immagini lasciando il posto alle parole: discorsi didascalici, discorsi programmatici, discorsi inutili. Perchè non aiutano a capire ma a ribadire. Perché non spiegano ma enfatizzano. E finiscono significativamente per sottolineare la subalternità di questo tipo di cinema al moloch televisivo, costretto (per colpa della sua stessa mancanza di coraggio) a ripercorrere le strade di un qualsiasi special piuttosto che continuare a cercare modi originali per esprimere la rabbia e il disorientamento, bicefalo." (Paolo Mereghetti, da Sette de 'Il Corriere della Sera')

"Due solo le ideuzze e le trovatine di regia: all'inizio, la coppia tenera e affettuosa su una spiaggia che pare deserta, e la macchina da presa che "allarga" a mostrare la numerosa e vigile scorta; alla fine, la morte della protagonista in un diluvio pioggia e musica, infine sciolta dalle sue ansiogene reiterazioni. Servono, film cosi'? Bruttezza e noia a parte, si ha ben diritto di dubitarne." (Goffredo Fofi, 'Panorama')

"Nell'Italia tragica dei magistrati che conducono una "vita blindata", prigionieri delle misure di sicurezza, e che tuttavia vengono ammazzati, non è mai accaduto che una vedova raccogliesse l'eredità d'inchieste del marito magistrato ucciso e che ne portasse avanti il lavoro di denuncia." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa')