Chiamatemi Francesco

- Regia:
- Attori: - Jorge Bergoglio (1961-2005), - Jorge Bergoglio (2005-2013), - Alicia Oliveira, - Velez, - Franz Jalics, - Esther Ballestrino, - Monsignor Angelelli, - Gabriela, - Cardinale Tarcisio Bertone, - Padre Pedro,
- Soggetto: Daniele Luchetti, Martín Salinas, Pietro Valsecchi
- Sceneggiatura: Daniele Luchetti, Martín Salinas, Piero Balzoni - (collaborazione), Luisa Cotta Ramosino - (collaborazione), Paolo Marchesini - (collaborazione)
- Fotografia: Claudio Collepiccolo, Ivan Casalgrandi
- Musiche: Arturo Cardelús
- Montaggio: Mirco Garrone, Francesco Garrone
- Scenografia: Mercedes Alfonsín, Luana Raso - (Italia)
- Costumi: Marina Roberti
- Suono: Ignacio Ángel Goyén Stryjeck - (presa diretta)
-
Altri titoli:
Call Me Francesco
Chiamatemi Francesco - Il Papa della gente
Chiamami Francesco - Durata: 98'
- Colore: C
- Genere: BIOGRAFICO
- Produzione: PIETRO VALSECCHI PER TAODUE FILM, IN COLLABORAZIONE CON MEDIASET PREMIUM
- Distribuzione: MEDUSA
- Data uscita 3 Dicembre 2015
TRAILER
RECENSIONE
Un film su Jorge Bergoglio, a meno di tre anni dalla sua elezione al soglio pontificio quale Papa Francesco, il 13 marzo 2013. Ebbene, non è il primo film fatto su un Pontefice ancora in vita: ricordate Da un paese lontano di Krzysztof Zanussi, biopic di papa Wojtyla realizzato nel 1981? Dunque, il problema di Chiamatemi Francesco – Il Papa della gente, diretto da Daniele Luchetti e prodotto da Pietro Valsecchi di TaoDue, non è il suo essere un instant biopic, un film che cristallizza su schermo una vita ancora in corso: no, il problema è un altro.
Anzi, sono due: primo, l’accuratezza storica, in certi casi la mera verosimiglianza di quanto viene raccontato di Jorge Bergoglio: le fonti, dichiarate dallo stesso Luchetti, sono quelle disponibili anche su Wikipedia e, per la sceneggiatura emotiva, le testimonianze di quanti l’hanno conosciuto di persona; secondo, e definitivamente più importante, il Bergoglio/Francesco che conosciamo in questo film è differente o superiore per profondità di sguardo e acutezza d’indagine a quello che ci rimbalza a ogni ora del giorno sui nostri plurimi device, ovvero quello riconsegnatoci dalle news televisive e non? No, non lo è.
Anzi, e qui ha ragione – forse involontariamente – il Luchetti che parla di rifiuto del “santino” e dell’agiografia, questo Bergoglio cinematografico, e poi televisivo in quattro puntate da 50’, non è scevro di ambiguità, ombre e, in fondo, scarsa empatia. Solo un problema delle (tante) ellissi, le incongruenze e “il tirar via” della sceneggiatura, dell’opacità d’indagine della regia o c’è altro? A fine visione, quasi 100 minuti, rimangono in mente le parole di un superiore al Bergoglio neo-gesuita che vorrebbe partire in missione per il Giappone, che recitano più o meno: “Vuoi fare del bene senza ancora sapere che cosa sia”.
Interpretato dai 25 ai 60 da Rodrigo de la Serna (quel che gli han fatto ai capelli per stempiarlo ad hoc è da denuncia penale) e in procinto dell’elezione al soglio da Sergio Hernandez, Bergoglio è inquadrato nel percorso dalla natia Buenos Aires all’acclamazione in piazza San Pietro, con tre focus: la giovinezza, dove si sbaciucchia con la fidanzata, “tifa” per Peron e, infine, ha una vocazione religiosa – una fulminazione non sulla via di Damasco, ma alla tavola familiare di Baires… – ed entra poco più che 20enne nell’ordine dei gesuiti; gli anni della dittatura, del “terrorismo di Stato” di Videla, che Bergoglio incontrò – lo fa pure nel film – da Padre Provinciale dei gesuiti per l’Argentina nel 1977, per chiedere conto dei padri Franz Yalics e Orlando Yorio, sequestrati, torturati e rinchiusi in un luogo segreto; l’intercessione in favore degli ultimi, gli abitanti poveri ed emarginati delle periferie, da Arcivescovo di Buenos Aires. Infine, dopo il prologo con Bergoglio che guarda il cupolone a ridosso del 13 marzo 2013 e lamenta che “alla mia età si va in pensione, che ci faccio a Roma?” il film si chiude circolarmente a piazza San Pietro, con il materiale di repertorio dell’Habemus Papam.
Rimane, forte, una domanda inevasa: chi è Bergoglio? Chiamiamolo pure Francesco, ma Jorge Bergoglio, nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, chi è? Questo film non ci aiuta, e già il passaggio di testimone interno tra il giovane e il vecchio Jorge, ovvero i due attori, non è senza soluzione di continuità: sono lo stesso Jorge, ci chiediamo paradossalmente? Ebbene, dovessimo definirlo per come compare sullo schermo di Luchetti/Valsecchi, l’argentino Bergoglio parrebbe invero aver preso in prestito le parole sulla bandiera dei cugini brasiliani: Ordem e Progresso. Prima l’ordine, e forse non solo quello dei gesuiti.
NOTE
- STORY EDITOR TAODUE: GIORGIO GRIGNAFFINI.
- NASTRO D'ARGENTO 2016 PER MIGLIOR PRODUTTORE A PIETRO VALSECCHI (PREMIATO ANCHE PER "QUO VADO?" DI GENNARO NUNZIANTE E PER IL CONTRIBUTO A "NON ESSERE CATTIVO" DI CLAUDIO CALIGARI).
CRITICA
"Daniele Luchetti ha dedicato vera passione a una figura che la merita in pieno. (...) Del personaggio viene valorizzata la capacità di mediazione esercitata proteggendo in particolare ecclesiastici in prima linea senza esporsi oltre la misura della collisione con il regime e con i vertici cattolici. (...) La 'storia' è ovviamente ricca di interesse, il film non passerà alla Storia." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 3 dicembre 2015)
"Un indubbio danno a «Chiamatemi Francesco» lo provoca proprio il suo finale coinvolgente. Quando le immagini di repertorio post fumata bianca mostrano il vero neo papa Francesco affacciato al balcone mentre si rivolge alla piazza con l'umile e ormai celebre «fratelli e sorelle, buonasera»: a questo punto, infatti, il film appena visto sembra bruciato dall'impari confronto e consegnato all'archivio della fiction agiografica in stile vecchia tv. D'altra parte risulta lampante come il biopic di Jorge Bergoglio, produzione Taodue di sicuro interesse (...), un certo coraggio e un munifico budget, sia in pratica un estratto della versione principale di 200 minuti suddivisi in quattro puntate per il piccolo schermo: il montaggio per le sale che elimina a colpi di tagli ed ellissi molti episodi importanti non fa secondo noi che immiserire un copione già troppo specioso e squilibrato e un taglio narrativo, al contrario, piatto e pantomimico. (...) Dispiace (...) che la possente e complessa icona del 'papa della gente', il suo percorso spirituale e il suo apprendistato al potere siano divulgati da un film così convenzionale, teso in fin dei conti soprattutto a rassicurare i laici più sospettosi e i complottisti più arcigni." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 3 dicembre 2015)
"Dignitosa, appassionata biografia del futuro papa Francesco (...). Il film si occupa e preoccupa solo della strenua lotta del futuro papa alla dittatura. Titolo giusto: Bergoglio vs. Videla." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 3 dicembre 2015)
"Un filmetto probo e professionale, dove Luchetti non dà il meglio di se stesso (ma probabilmente il prodotto funzionerà di più nei 200 minuti dell'edizione TV)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 3 dicembre 2015)
"Luchetti è stato bravo a non trasformare la pellicola in un film religioso o nel «santino» dell'attuale Papa. (...) Un cast perfetto copre qualche imperfezione." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 10 dicembre 2015)