Blue Jasmine

4/5
Un Woody Allen chiamato Melancholia: basta favole, il ritorno negli Usa è una carezza in un pugno

Leggi la recensione

USA 2013
Di fronte al fallimento di tutta la sua vita e soprattutto del suo matrimonio con il ricco uomo d'affari Hal, finito in manette per imbrogli finanziari, Jasmine, una elegante e mondana newyorkese, decide di trasferirsi nel modesto appartamento della sorella Ginger a San Francisco, per cercare di dare un nuovo senso alla propria vita. Jasmine arriva a San Francisco in uno stato psicologico molto fragile, la sua mente è annebbiata dall'effetto dei cocktail di farmaci antidepressivi. Sebbene sia ancora in grado di mantenere il suo portamento prettamente aristocratico, in verità lo stato emotivo di Jasmine è precario e totalmente instabile, tanto da non poter neanche essere in grado di badare a se stessa.
SCHEDA FILM

Regia: Woody Allen

Attori: Cate Blanchett - Jasmine, Alec Baldwin - Hal, Sally Hawkins - Ginger, Louis C.K. - Al, Bobby Cannavale - Chili, Andrew Dice Clay - Augie, Peter Sarsgaard - Dwight, Michael Stuhlbarg - Dott. Flicker, Tammy Blanchard - Jane, Max Casella - Eddie, Kathy Tong - Raylene, Alden Ehrenreich - Danny, Ali Fedotowsky - Melanie, Max Rutherford - Johnny, Tom Kemp - Nat, Emily Hsu - Amy, Daniel Jenks - Matthew, Annie McNamara - Nora, Shannon Finn - Sharon, Charlie Tahan - Danny giovane

Sceneggiatura: Woody Allen

Fotografia: Javier Aguirresarobe

Montaggio: Alisa Lepselter

Scenografia: Santo Loquasto

Arredamento: Regina Graves, Kris Boxell

Costumi: Suzy Benzinger

Durata: 98

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Specifiche tecniche: ARRICAM LT/ARRICAM ST, 2K/SUPER 35 (3-PERF) STAMPATO A 35 MM/D-CINEMA (1:1.85)

Produzione: PERDIDO PRODUCTION

Distribuzione: WARNER BROS. PICTURES ITALIA - DVD E BLU-RAY: WARNER HOME VIDEO (2014)

Data uscita: 2013-12-05

TRAILER
NOTE
- GOLDEN GLOBE 2014 COME MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA A CATE BLANCHETT (CATEGORIA FILM DRAMMATICO). SALLY HAWKINS ERA CANDIDATA COME MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA.

- OSCAR 2014 A CATE BLANCHETT COME MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA. LE ALTRE CANDIDATURE ERANO: MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE E MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA (SALLY HAWKINS).

- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2014 COME MIGLIOR FILM STRANIERO.
CRITICA
"Una donna che avrebbe tutto per piacere, fascino, eleganza, bellezza, buone maniere, perde poco a poco ogni attrattiva rivelandosi capace di suscitare al massimo la nostra curiosità o la nostra compassione. Eppure per 98 minuti seguiamo la sua storia con trepidazione, avvinti dalla sua fragilità e dalla sua dolorosa duplicità. Assediati da una ridda di sentimenti contraddittori che sono il motore segreto, la vera ragion d'essere di 'Blue Jasmine' (...). Uno dei film migliori del Woody Allen maturo, per l'originalità della struttura e la capacità di mettere tutto ciò che Allen ha fatto cento altre volte al servizio di una storia, una morale, un personaggio nuovi. (...) Ogni scena arricchisce il personaggio di nuove sfumature, spesso sorprendenti. Ogni figura che entra in scena porta in luce una diversa sfaccettatura di Jasmine/Jeanette. Che appartiene alla grande famiglia alleniana, prevalentemente femminile, dei personaggi inquieti, disturbati, seminatori di scompiglio. Nella propria vita e in quelle altrui. Anche se stavolta Woody suona una nota diversa. Ci sono state le allegre sciroccate alla Diane Keaton, poi le dubbiose irrimediabilmente fragili alla Mia Farrow, e in mezzo molte altre figure contraddittorie e confuse, specie nei film drammatici. Ma nessuno era mai stato come la Jasmine dipinta con totale abbandono da una memorabile Cate Blanchett, perché nessuno era mai stato il centro assoluto del racconto e insieme l'oggetto di indagine del film. Un po' come un quei gialli in cui il narratore è inaffidabile e la ricostruzione degli eventi cambia continuamente sotto i nostri occhi. Così il film, che dall'inizio alla fine fa la spola tra il presente e il passato, San Francisco e New York, ci accompagna poco a poco dentro la storia e la mente di questo personaggio doppio fin dal nome. Usando le immagini apparentemente così semplici di Woody Allen per costruire un mondo complesso e senza redenzione come la sua protagonista. (...) Ed ecco poco a poco disegnarsi, come un mosaico a due facce in cui il passato anche remoto conta quanto il presente, la personalità distorta di Jasmine, la sua incapacità di affrontare la realtà per rifugiarsi in un mondo favoloso, il peso delle sue scelte, anche per gli altri. Così scopriamo quasi per caso che la regale Jeanette, poi Jasmine, e la minuta Ginger, figlie adottive («geneticamente non siamo parenti», è la battuta ricorrente), sono cresciute così, con tutte le attenzioni per Jasmine («aveva geni migliori e mamma si occupava solo di lei», spiega Ginger ai figli attoniti). Vediamo come malgrado le ottime intenzioni i suoi consigli alla sorellina squinternata circa le sue scelte sentimentali sortiscano regolarmente effetti disastro - sì, forse perché dettati da volontà di controllo più che da affetto disinteressato. Scopriamo che mentre lotta con improbabili corteggiatori e con l'esigenza di rifarsi una vita anche - orrore - dal punto di vista materiale, Jasmine non smette di ingannare e ingannarsi. Con effetti che sarebbero comici se non fossero tragici e una tenacia che sfiora la grandezza. Raramente Allen è stato più amaro. Ma soprattutto, mai era arrivato a un esito tanto sconsolato vincendo tutte le nostre resistenze grazie alle armi del comico." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 4 dicembre 2013)

"Dopo il tour europeo finito malamente a Roma, ma con la punta altissima di 'Midnight in Paris', Woody Allen torna a New York non per fermarsi, ma facendo la spola con San Francisco per raccontare ascesa e caduta sociale di una signora snob di Park Avenue, tradita come donna e correntista di banca da un marito fedifrago, evasore, truffatore secondo i pessimi comandamenti della finanza. (...) 47mo nuovo bellissimo, amarissimo film di Woody che si collega ai crimini e misfatti soprattutto morali del suo miglior lato drammatico. Allen deve aver rivisto 'Un tram che si chiama desiderio' di Williams, la struttura psico familiare è simile, tanto quanto 'Match Point' ricordava 'Un posto al sole'. Ma la sua Blanche, diventa l'indimenticabile Blue (notturna e anche fuori di testa) cui Cate Blanchett regala un plus valore degno di Oscar, una vanitosa angoscia in cui non sbaglia una mossa, come del resto l'altrettanto illusa sorella Sally Hawkins e il baldo Baldwin, ladro ed evasore fiscale. Woody raggiunge una straordinaria armonia nel raccontare la verosimile storia di una vita a due punte, tra presente e passato, un ping pong di esattezza e tempismo tra l'alta società di Manhattan e i poveri sempre più poveri, un confronto di due volgarità, una sofisticata e una naturale. E un tuffo nel panorama di oggi, che ci fa amare e disprezzare la cara Gelsomina. Malinconia a man bassa ma anche una scena già cult, l'unica in cui il regista mette un po' di zucchero e il Prozac va giù, quando Jasmine parla ai nipotini di 'Blue Moon', canzone galeotta, e di tante altre illusioni perdute." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 5 dicembre 2013)

"Pur richiamandosi nella struttura a 'Un tram che si chiama desiderio' - in dichiarato spirito di omaggio tanto la cosa è esplicita - 'Blue Jasmine' è un puro concentrato Woody Allen: un film che parte con l'aria di essere un'altra incantevole commedia delle sue e invece a un certo punto, come accade in alcune sue pellicole, vira sul crinale del dramma. Jasmine (Cate Blanchett) è il ritratto in decostruzione di una donna a pezzi, che non sa dire, né dirsi, la verità su se stessa. Non si chiama neppure Jasmine, in realtà è una banale Jean o Jeanette, e da quando il suo dorato mondo altoborghese le è crollato addosso, parla da sola e si riempie di pasticche e di alcool. (...) Per trovare un contrasto di classe altrettanto evidenziato in un altro film di Allen dobbiamo risalire a 'Match Point', che è simile a 'Blue Jasmine' anche per lo sguardo duro sul personaggio protagonista. (...) Nella equilibrata tessitura del complesso, stratificato copione, tutti i personaggi hanno riconoscibilità e gli interpreti sono uno meglio dell'altro a partire dalla deliziosa Ginger/Sally Hawkins. Ma, nei panni di Jasmine, Cate Blanchette, memore forse della Blanche interpretata quattro anni fa (e Allen l'avrà ammirata sicuramente nel corso della tournée americana dello spettacolo), brilla come una stella polare, straordinaria per compenetrazione e gioco di sfumature in una gamma che va dal comico-brillante al drammatico. Di sicuro sarà in gara per l'Oscar, e con la vittoria in mano." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 5 dicembre 2013)

"«Jasmine» in inglese significa «gelsomino», ma l'aggettivo «blue» può voler dire anche «triste» (da cui il blues...) quindi il titolo del film è tutt'altro che floreale. Siamo di fronte a uno dei lavori più amari nell'ormai sterminata filmografia di Woody Allen, dove pure non mancano i momenti tetri, da 'Interiors' in poi. Fin troppo facile, anche se giusto, leggere 'Blue Jasmine' come «il film di Woody Allen sulla crisi economica». Lo è, ma è prima di tutto il ritratto di una donna 'tossica', di una sorta di genio del Male che riesce a rendere invivibili anche le vite altrui. La sua assoluta mancanza di adattabilità alla condizione di 'nuova povera' è anche, da parte di Woody, ferocemente autoironica: come per lui è difficile uscire - fisicamente e mentalmente - dalle zone 'bene' di Manhattan, così per il suo personaggio l'assenza di privilegi sembra un insulto personale. Cate Blanchett al di là di ogni aggettivo: gigantesca." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 5 dicembre 2013)

"Film attualissimo e feroce, il nuovo Woody Allen, 'Blue Jasmine', è un'inaspettata non-commedia che nasconde dietro a una premessa più volte visitata dal cinema hollywoodiano classico (per esempio nel capolavoro di Preston Sturges, 'I dimenticati') uno dei personaggi più irredimibili che la satira alleniana abbia mai architettato. (...) Nel triangolo tra le sorelle e il fidanzato, Allen strizza l'occhio a Tennessee Williams. Non guasta che Cate Blanchett sia stata un'applauditissima Blanche Dubois in una produzione di 'Un tram chiamato desiderio' messa in scena a Brooklyn qualche anno fa. Ma il rimando è puramente di superficie: il film è privo delle tensioni psicosessuali della pièce di Williams e Jasmine non è mai tragico/patetica come Blanche. È però immutabile, come scolpita nel granito - incapace di rispondere al telefono dello studio medico dove l'assumono per pietà, di trattare umanamente i clienti, di divertirsi, di capire la gioia altrui e, alla fine, persino di farsi sposare da un giovane politico rampante opportunisticamente interessato al suo pedigree di moglie d'alto bordo. Il personaggio artificiale e vuoto che ha inventato per se stessa, le impedisce infatti di ri-farsi una vita diversa dai valori di quella da cui è stata espulsa. Tennessee Williams morfa in Dostoevskij. E, dietro al volto aristocratico, gelidamente luminoso e stranito, di Blanchett (stragrande favorita agli Oscar di quest'anno) e alle dolci brezze della San Francisco Bay, emergono i neri cupissimi di 'Crimini e misfatti'. Il ritorno in America di Woody Allen è segnato da un fortissimo scarto tonale rispetto alle più ariose, produzioni realizzate durante il gran tour europeo degli ultimi anni. Ricchissimi e non possono coesistere secondo questa parabola made in Woody: siamo decisamente nella New York (e nel mondo) di Michael Bloomberg. Il racconto di due città di Bill De Blasio non è ancora nemmeno all'orizzonte. E in 'Blue Jasmine' non c'è un'astronave scassata con cui i poveracci possono partire alla conquista di 'Elysium'. Così Allen regala alla sua indomita «eroina» - perversamente artefice, si scoprirà, della sua stessa catastrofe - un finale implacabile, di tristezza terribile. Oltre il punto di non ritorno." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 5 dicembre 2013)

"(...) lo scontro di due mondi, tra ironia, Xanax e uomini bastardi. Dopo il pessimo 'To Rome with Love', Allen abbandona i film cartolina per ritornare a raccontare una grande storia di donne. Se il film eccelle, però, è grazie alla strepitosa Cate Blanchett, splendida alienata sul viale del tramonto." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 5 dicembre 2013)

"America a pezzi. La upper class, sfasciata dai profitti illeciti della bolla bancaria e la classe lavoratrice che si chiude su se stessa frustrata nelle aspirazioni, è ciò che trova Allen dopo i film europei. Commedia serissima, questa, metafora di un Paese in un ritratto di donna debitore dei classici del romanzo e del teatro borghese del '900. Battuta a una nazione, «Hai voltato la faccia dall'altra parte», come viene accusata l'instabile, superficiale Jasmine che, dalle stelle alle stalle, dalle dimore di New York all'appartamentino di San Francisco della sorella, deve riorganizzare la vita dopo il tracollo finanziario del marito, spedito in galera. Un colpo di scena finale coniuga amore, tradimento, vendetta e truffa finanziaria. Nel percorso corale di coppie & menzogne, composto solo con i passaggi di rottura, Allen lascia uscire il canto sconfitto di una donna nevrotica, personalità psichiatrica in un cuore tragico. La Blanchett (con un lavoro clamoroso di doppiaggio di Emanuela Rossi) fa il ruolo della carriera. Una volta l'uscita di un film di Allen faceva notizia. Sopraffatti dal frastuono della mediocrità, oggi potrebbe sfuggire un grande film." (Silvio Danese, 'Nazione - Carlino - Giorno', 6 dicembre 2013)

"Woody Allen è sempre una spanna sopra gli altri nello scrutare l'animo umano dal suo beffardo osservatorio. (...) I dialoghi spumeggianti esaltano la grettezza delle classi agiate, mirabilmente rappresentate da una Cate Blanchett inconsapevolmente meschina." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 12 dicembre 2013)