“Tutti i film che ho girato, li ho realizzati sotto l’influenza di Cechov e Pasolini. Il cinema deve cambiare il mondo, non può limitarsi a ripetere quello che già conosciamo. Deve trasformare l’improbabile in qualcosa di possibile”. Così il regista Robert Guédiguian presenta La Villa alla serata di apertura del Tertio Millennio Film Fest.

La casa sul mare
La casa sul mare
La casa sul mare
                                   La Villa

“Questa è una storia che vuole chiudere il cerchio, che fa il punto su tutta la cinematografia di Guédiguian. Ci fa ragionare sul presente e sul passato, con una grande forza emotiva. Il film affronta il problema delle migrazioni. In Francia è uscito nelle sale da due settimane e sta avendo un grande successo, mentre in Italia dovrebbe arrivare a fine gennaio distribuito da Parthénos”, spiega Alberto Barbera, Direttore della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Ne La Villa, siamo a Méjean, una cittadina di villeggiatura sulla costa francese, vicino a Marsiglia. Angela, Joseph e Armand accorrono al capezzale del padre morente. Angela è un’attrice e vive a Parigi, Joseph è un professore innamorato di una ragazza molto più giovane di lui, mentre Armand è rimasto in paese e gestisce un ristorante. Le loro storie si incrociano dando vita a un dramma familiare che racchiude in sé temi di grande attualità, come le difficoltà di dialogo tra le generazioni, i conflitti sociali, le relazioni sentimentali complicate e il potere del denaro. L’arrivo di un’imbarcazione con a bordo tre bambini costringe i protagonisti a ragionare sulle loro vite.

“Io sono solo un’attrice, dico le parole degli altri, le mie sono il silenzio e il lavoro. L’arte è la nostra unica possibilità per riscrivere il quotidiano. E in tutto questo il pubblico è indispensabile, perché senza la platea il cinema non esiste”, sostiene l’attrice Ariane Ascaride, compagna di vita di Guédiguian e protagonista del film.

 

Nel pomeriggio, Alberto Barbera ha anche introdotto il restauro de La lunga strada del ritorno di Alessandro Blasetti, presentato a Venezia nel 1962. “È una perla rara, un’occasione speciale per ricordare un grande regista come Blasetti. Il suo talento ha segnato la storia del cinema italiano. Insieme a Camerini, è stato il miglior cineasta durante il fascismo. Blasetti ha esordito nel 1928 con Sole, un grande successo che gli aperto la strada per le opere successive. Il suo cinema è stato un ponte verso il neorealismo. La lunga strada del ritorno è una piccola gemma di cui si era persa memoria. Personalmente non lo conoscevo ma, dopo aver visto la versione restaurata, sono rimasto folgorato. Si tratta di tre puntate da cinquanta minuti, che poi sono state rimontate in un unico lungometraggio. Blasetti ha girato l’Europa per trovare del materiale di repertorio unico nel suo genere. Con grande mestiere, ha saputo alternare le interviste con i protagonisti, gli uomini che hanno vissuto la Seconda Guerra Mondiale, e i filmati inediti. È un documento straordinario, di grande umanità”.