Con Un altro me di Claudio Casazza parte oggi a Firenze, venerdì 25 novembre, la 57. Edizione del Festival dei Popoli. Quello di Casazza è un documentario che, oltre ad aprire le porte del penitenziario di Bollate, consente allo spettatore di entrare in un’ottica anomala, differente da quella dei più, facendolo confrontare con coloro che, in gergo carcerario vengono definiti ‘infami’, ossia i colpevoli di reati sessuali. Il regista, per dar vita a questo lavoro tanto tetro quanto intriso di un messaggio speranzoso, ha affiancato l’equipe dell’Unità di Trattamento per autori di reati sessuali del CIPM (Centro Italiano per la Promozione della Mediazione) nel lavoro quotidiano di riabilitazione.

Il gruppo professionale, composto da psicologi, criminologi e terapeuti, sta tentando un difficile (ma possibile) esperimento: evitare che i soggetti in cura, una volta lasciata la struttura carceraria, commettano ulteriori spregevoli reati. E, in effetti, i risultati positivi non mancano. Grave piaga che affligge non solo il nostro Paese, quello dei reati sessuali è un dramma fortemente radicato nella nostra società e che causa ingenti danni alle vittime e alle persone loro vicine.

Da questa consapevolezza prende spunto il lavoro del gruppo di professionisti che dedicano le proprie competenze al servizio della riabilitazione, credendo ancora in quegli individui da tutti emarginati e considerati ‘mostri’. Stando a una dichiarazione di Paolo Giulini, Presidente del Cipm e dell’Unità di Trattamento Intensificato per Autori di Reati Sessuali, su 248 casi seguiti soltanto in 7 si sarebbero nuovamente macchiati di un crimine simile.

La scelta di aprire con Un altro me la 57° edizione del Festival dei Popoli non è casuale: proprio oggi, infatti, 25 novembre, è la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne. Per la prima volta, gli spettatori potranno incontrare a distanza ravvicinata, seppur attraverso una precisa scelta stilistica (alternanza di fuoco e fuori fuoco), i detenuti accusati di violenze sessuali. Una full immersion in un mondo disturbato e disturbante, durata un anno per il regista, che consente al pubblico di rendersi testimone della presa di coscienza di questi uomini, non più mossi dal semplice e basso istinto ma resi, grazie all’impegno e alla costanza di studiosi e professionisti di diversi settori, per una seconda volta (o prima, forse) più umani, pronti a far emergere quell’altro me del titolo.

Il documentario è un viaggio nella redenzione e rinascita di questi soggetti, dei quali non vedremo il volto, ma sentiremo la voce, le loro dichiarazioni e osserveremo, più che le loro azioni, il loro attuale modus pensandi.