Forse il capo dello Stato più cinefilo: aspirante attore (“Poi mi sono perso per altre strade...”), amico dei registi (dall’infanzia con Francesco Rosi, ma anche Ettore Scola e Carlo Lizzani), spettatore appassionato (Roma città aperta, Amarcord e Vincitori e vinti tra i film preferiti)
Il suo cinema non si accontenta dei fatti, non si rassegna ai dati acquisiti: la realtà si trasfigura nella struttura del film e si rivela più allucinata e torbida, mettendo in discussione quel che il senso comune presume di sapere