“Dare voce al proprio passato aiuta a crescere personalmente”. Parola di Vincent Perez, protagonista di un incontro questa mattina al Teatro Petruzzelli nell’ambito del Bif&st.

Il grande regista ha presentato due suoi film a Bari: Lettere da Berlino (2016) e il suo ultimo Une affaire d’honneur, in anteprima internazionale.

“Sono nato e cresciuto in Svizzera da padre spagnolo e da madre tedesca - racconta il regista -. Già da ragazzo, ho avvertito l'esigenza di fare delle ricerche sulle radici della mia famiglia, soprattutto sugli aspetti relativi al periodo della Seconda Guerra Mondiale. Nel tempo, la mia ricerca si è arricchita con la lettura di diversi libri e a un certo punto mi sono imbattuto nel romanzo Ognuno muore solo di Hans Fallada”.

Il romanzo in questione è tratto dalla vera storia di Otto ed Elise Hampel, due coniugi tedeschi che nella Berlino nazista, dopo avere perso un figlio al fronte, iniziarono a diffondere in tutta la città delle cartoline sul cui retro denunciavano gli orrori di Hitler e chiedevano la libertà di stampa.

"Nel libro ho trovato delle vicinanze con le storie dei miei nonni e dei miei genitori, anche del ramo spagnolo visto che mio nonno era antifranchista. Poi fui contattato per una trasmissione e mi fu stato richiesto di ricostruire la storia della mia famiglia. Ho conosciuto un archivista e mi disse che mio zio era morto in una camera a gas e me ne fece visitare una. Lì si è creata una connessione astrale che mi ha portato a ricongiungermi con il mio passato. Qualcosa che ha fatto bene a me, alla mia famiglia e ai miei figli. Ho appreso che bisogna avere sempre rispetto per i propri antenati e predecessori e in questo senso io li ho riportati in vita. Il mio è un film profondamente sentito”.

E sull’accoglienza disastrosa ricevuta dal film quando fu presentato in anteprima al Festival di Berlino nel 2016 dice: “A Berlino il film ebbe un’accoglienza disastrosa e violenta. Ci siamo messi nella bocca del lupo perché era un film in inglese e la critica tedesca non aveva apprezzato che io avessi scelto un cast straniero con attori che interpretavano i tedeschi ma che parlavano in inglese. È stato uno dei momenti più difficili della mia carriera, in cui ho realmente patito. Dopo questa prima presentazione abbiamo fatto tappa ad Atlanta al festival del cinema ebreo, c’era una sala gremita e io ero molto scottato dopo l’esperienza alla Berlinale. Alla conversazione con il pubblico una donna mi chiese di far vedere questo capolavoro a tutto il mondo. Lì mi sono curato dopo la scottatura berlinese”.

A proposito del cast composto da Emma Thompson, Daniel Brühl e Brendan Gleeson dice: “Emma Thompson ha accettato subito, è stata una cosa magica e sconvolgente. Il libro era stato scritto nel 1936 e solo nel 2010 fu stato tradotto in inglese diventando un fenomeno globale. Penso che sia questo il motivo per cui hanno accettato di partecipare attori così importanti. Brendan Gleeson lo incontrai a Dublino dopo che l'attore che avevo previsto per la parte mi era stato 'rubato' da Steven Spielberg. Con Daniel Brühl ci fu una curiosa coincidenza: scoprimmo che anche lui è nato da una famiglia metà spagnola e metà tedesca”.

Infine conclude: “Un film per me molto interessante è La zona di interesse. Quello è un cinema che ti cambia, ti disturba e ti attraversa. Quando esci dalla sala porti via con te qualcosa. Per me è molto interessante la forza del diniego. Molte popolazioni applicano questo diniego rispetto alle mostruosità della guerra”.

Questa sera al Teatro Petruzzelli di Bari Vincent Perez riceverà il “Federico Fellini Platinum Award for Cinematic Excellence” dalle mani di Francesca Fabbri Fellini, nipote del grande regista.