Dove alligna il Male? C’è una educazione, e financo sentimentale, al Male? E a che età? Se il coming-of-age è traiettoria sempre più praticata con esiti poco esaltanti, non tutto è perduto per l’originalità, l’estro, la presa sul reale, sebbene il reale stesso sia trasceso e pervertito: succede in un (non così) piccolo (così) grande film, l’opera seconda del norvegese classe 1974 Eskil Vogt, The Innocents.


Battezzato a Un Certain Regard al Festival di Cannes 2021, andrebbe obbligatoriamente mostrato a sceneggiatori e registi, tutti e segnatamente i nostrani, giacché dimostra come il supernatural drama a indicazione anagrafica teen, il fantasy di formazione, il superhero eterodosso sia effettivamente ed efficacemente realizzabile. Per fare i nomi, ovvero i titoli, avete presente il dittico de Il ragazzo invisibile (2014 e 2018) di Gabriele Salvatores: ecco, se non l’avete già fatto, dimenticatelo, qui siamo davvero per sapienza poetica e nitore stilistico ad altri, alti livelli.


E il tutto con esibita facilità, e palese felicità registica, così da squadernare, da sbatterci in faccia una meraviglia con nostro sommo stupore: un film intelligente e inquietante su dei ragazzini dotati di superpoteri che gli adulti nemmeno lontanamente intendono, questo è The Innocents.


Segnatevi dunque il nome del regista, Eskil Vogt, che ha scritto tutte le opere di Joachim Trier, compreso il recente successo The Worst Person in the World (2021), e nel 2014 debuttando dietro la macchina da presa con Blind, presentato in anteprima al Sundance, aveva conquistato plauso critico per un’ardita triangolazione tra cecità, paranoia e immaginazione.


Con The Innocents si supera, si prova le stimmate dell’instant cult, persino del classico in fieri, e in poche parole non potete perderlo: lo trovate in noleggio e acquisto su Chili, TimVision e altre piattaforme streaming, e sul grande schermo è passato, tra gli altri, al XXVI Tertio Millennio Film Fest di Roma.


Anche, ovviamente, sceneggiatore, Vogt ci porta in un complesso residenziale datato agli anni Sessanta nei dintorni di Oslo, dove incontriamo Ida (Rakel Lenora Flottum), nove anni, che palesemente soffre le attenzioni che i genitori rivolgono alla sorella autistica Anna (Alva Brynsmo Ramstad). Che fare? Anziché prendersene cura alle giostrine del comprensorio, Ida fa amicizia con il coetaneo Ben (Sam Ashraf), un tipino fuori dal comune, e non necessariamente in bene: tortura gli animali e – eccoci - muove gli oggetti col pensiero, dapprima tappi di bottiglia e vedremo che altro. Alla sua strabiliante telecinesi si opporrà la non meno incredibile telepatia di Aisha (Mina Yasmin Bremseth Asheim), che riuscirà a far parlare Anna, e non finisce qui: pure le due sorelle presto riveleranno poteri fuori dalla norma.

Gli attori sono tutti superbi, recitano con una naturalezza invidiabile e una ricchezza di sfumature encomiabile, così da portarci senza colpo ferire in un territorio esistenzialmente infido, moralmente ambiguo, cinematograficamente prezioso. L’innocenza è – aprioristicamente – perduta, il Male – deterministicamente - ha campo libero, la conoscenza limiti anagrafici. The Innocents contempla abuso, razzismo, emarginazione e disfunzione, ma fino a un certo punto, ed è un altro merito, in quota art pour l’art: un gioiello.