In un panorama cinematografico italiano in cui si trascurano troppi generi cinematografici e soprattutto un’ampia popolazione di pubblico non viene rifornita dei prodotti che vorrebbe vedere, uno dei fenomeni più sconcertanti è la quasi totale assenza di film per il pubblico cattolico. In alcuni casi, sono stati realizzati dei prodotti in tal senso, ma rientrano soprattutto in un filone di pellicole d’autore, rivolte a un pubblico non troppo ampio.

L’unico, vero tentativo “commerciale” in questi anni è stato Chiamatemi Francesco, sull’attuale Papa e prodotto da Pietro Valsecchi. La pellicola aveva ottenuto un risultato importante (circa 3,7 milioni di euro), anche se magari quell’incasso era stato sottovalutato per l’enorme numero di copie in cui era uscito (circa 700), grazie anche al fatto che il produttore e la casa di distribuzione (Medusa) erano in prossima uscita anche con il nuovo film di Checco Zalone. In seguito, nonostante questo risultato importante, non ci sono stati altri tentativi di alto livello.

Eppure, era il 2005 quando, di fronte allo scetticismo generale, Mel Gibson portava sul grande schermo una pellicola tutta parlata in aramaico e in latino (e quindi, per forza, sottotitolata). Si trattava de La passione di Cristo, che ha ottenuto più di 600 milioni di dollari nel mondo (di cui circa 20 milioni di euro nel nostro Paese), diventando il quinto maggior incasso di quell’anno. Ma uno dei grandi equivoci legati ai film per il pubblico cattolico, è l’idea che debbano essere titoli che portano in scena storie della Bibbia e/o di grandi figure religiose. Come se, insomma, il “film per cattolici” dovesse essere una sorta di opera didascalica per promuovere la fede in maniera esplicita.

Lane Styles, Kelly Reilly e Connor Corum in Il paradiso per davvero (Webphoto)
Lane Styles, Kelly Reilly e Connor Corum in Il paradiso per davvero (Webphoto)

 

Lane Styles, Kelly Reilly e Connor Corum in Il paradiso per davvero (Webphoto)

In realtà, la questione è molto diversa, almeno se ci rivolgiamo al Mercato americano, dove questo target è servito in maniera ottimale ed efficace. Intanto, nessuno pretende che le pellicole realizzate debbano essere costose, anzi proprio il fatto di concentrarsi su persone e vite normali, è quello che le ha rese così importanti per quel pubblico.

Per esempio, uno dei maggiori successi in questo senso, è stato Il paradiso per davvero, in grado di ottenere ben 91 milioni di dollari negli Stati Uniti. È la storia di un bambino che, dopo un'esperienza di pre-morte, confessa ai suoi genitori di aver visto la sorella e il nonno (morti da tempo) in Paradiso. Siamo invece sul biopic musicale con Una canzone per mio padre, che racconta la vera storia della popolare canzone I Can Only Imagine del gruppo MercyMe e basata sul tema del perdono. Nel 2018, ha incassato 83 milioni di dollari.

Ma che dire della trilogia tratta dai libri di C.S, Lewis Le cronache di Narnia? Certo, è una storia fantasy per bambini, ma soprattutto nel primo episodio, è chiaramente una metafora cristologica. Le cronache di Narnia hanno ottenuto più di 535 milioni nei soli Stati Uniti e più di 1,5 miliardi nel mondo.

Anna Popplewell e Ben Barnes in Le cronache di Narnia (Webphoto)
Anna Popplewell e Ben Barnes in Le cronache di Narnia (Webphoto)
Chiamatemi Francesco di Daniele Luchetti. A destra una scena di Le cronache di Narnia © webphoto © webphoto

Ci sono poi prodotti che magari non affrontano direttamente temi religiosi, ma che hanno puntato su quel pubblico. È risaputo che uno dei maggiori successi a sorpresa degli ultimi dieci anni, The Blind Side (in grado di far vincere l’Oscar a Sandra Bullock), sia arrivato all’incredibile cifra di 255 milioni di dollari in patria grazie soprattutto al target cattolico, conquistato dalla storia di una famiglia che fa di tutto per sostenere un ragazzo problematico, che grazie al loro aiuto riesce a entrare al college e poi a diventare un giocatore professionista di football americano. Possibile che in Italia questi risultati non interessino? Visto che le potenzialità ci sarebbero, quali i motivi che non portano a realizzare prodotti di questo tipo?

In ogni caso, si tratta di una mancanza grave, ma purtroppo coerente con l’incapacità del nostro settore di rivolgersi ai tanti pubblici diversi che esistono, ritenendo invece che al cinema ci possano andare solo gli adulti plurilaureati, ansiosi di vedere sullo schermo uomini cinquantenni, e che anche tutti gli altri spettatori debbano adeguarsi a questi prodotti…