“Quindici titoli, trent’anni di cinema, e un altro film sulla famiglia”. Leonardo Pieraccioni presenta Pare parecchio Parigi, dal 18 gennaio su 450 schermi targati 01 Distribution.

Pieraccioni, che firma il soggetto con Filippo Bologna e la sceneggiatura con Alessandro Riccio e recita con Chiara Francini, Giulia Bevilacqua e Nino Frassica, si ispira a una storia vera: “Michele e Gianni Bugli che nel 1982 partirono con il padre malato in roulotte e gli fecero credere di essere arrivati a Parigi. Viaggiarono non uscendo quasi mai dal loro podere. Il film è dedicato a loro. E a tutti i sognatori”.

Nel film, per esaudire il desiderio, ormai rimpianto, del vecchio e malatissimo padre (Frassica) di non aver fatto un viaggio a Parigi con i figli (Pieraccioni, Francini, Bevilacqua), i tre fratelli che non si parlano da cinque anni fingeranno di partire con lui da Firenze a bordo di un camper, che non uscirà mai dai confini di un maneggio di cavalli.

“Quando ho iniziato con Giovanni Veronesi a scrivere I laureati, ho rilevato le paturnie di un quasi uomo che si dichiara fuori corso nella vita, poi i quarantenni alle prese con l’amore, poi i cinquantenni che tutta ‘sta felicità… , ora alla soglia dei sessant’anni racconto la famiglia nei non detti, nelle acredini, confidando che in dodici ore si possa risolvere una vita. Un soggetto ardito”, osserva Pieraccioni, confidando come “l’amico Ruggero mi abbia raccontato la storia dei fratelli Bugli”.

Sulla scelta degli interpreti, “Frassica l’ho preso sulla comodità, prospettandogli una parte da sdraiato con l’aria condizionata, sulla scorta del suo libro Cosa fare se nasci coriandolo”, mentre di Francini e Bevilacqua dice: “Se avessi due sorelle, sarebbero come loro, mi hanno messo in mezzo, altro che patriarcato”.

Tra un anno l’esordio I laureati fa trent’anni, Pieraccioni potrebbe tornarci su con un sequel per “vedere che han fatto i protagonisti”, intanto si produce in “un film che se non l’avessi fatto mi sarebbe rimasto di traverso” e perfeziona una via parzialmente alternativa: “Ho lasciato il cabaret qui, perché sono attaccato al giullarismo e ho paura dei sentimenti. Ma ho capito che i comici hanno tutti i colori”.

Sulla disaffezione del pubblico per i film comici, il regista-attore tira in ballo le windows brevi e rileva di essersi affidato a un co-sceneggiatore, “il commediografo fiorentino Riccio, che non avesse mai visto un mio lavoro”, e rileva come Pare parecchio Parigi non abbia un comico all'attacco, ma sia un film corale”.

Sul filo dei ricordi, “le sale piene per Il ciclone quasi mi impaurivano, ma il pubblico non è tutto. Io smetto se mi fanno smettere, se mi dicono ‘ora basta’, finché ci saranno tre pensionati in sala il mercoledì pomeriggio, chi nasce per fare oplà deve fare oplà”, e venendo all’oggi: “Il ciclone stavolta è il professor Cannistraci, con la presa di coscienza di un padre che vuole morire con una carezza tardiva”.

Francini parla di un “viaggio che è una meta, ne dovremmo fare di più, perché poi si muore. Il viaggio è tensione per la felicità”, mentre Frassica scherza: “Ho fatto questo film per uscire dal solito personaggio siciliano”. Paolo Del Brocco, ad di Rai Cinema, aggiunge: “Forse abbiamo scavallato il momento più drammatico per la commedia, il genere che ha sofferto di più per la riduzione della finestra tra sala e successivi sfruttamenti”.

Conclude Pieraccioni sul politicamente corretto: “E’ una cosa folkloristica. Il politicamente corretto assume i connotati di una cosa che passerà e ce ne ricorderemo… Quando il mio bravissimo montatore mi chiede: ‘Lo lascio lo scappellotto alla sorella? Sai in un momento così...’. Be’, se non si capisce che lo scappellotto unisce, ti rendi conto? Umberto Eco ci aveva prospettato che Internet avrebbe dato la parola a chiunque, anche ai bischeri, ma ora sei esagerato. Nel Ciclone: mi’ zio diceva ‘se tu sei buco dillo’, ora un titolo ci farebbero... Se Bennato voleva che sono solo canzonette, ebbene, queste sono solo bischerate”.