In questo terzo appuntamento ci dedichiamo alla scrittura nelle sue diverse sfaccettature, cinematografica e musicale con le quattro categorie di miglior sceneggiatura originale, sceneggiatura non originale, colonna sonora originale e canzone originale ("originale" significa scritta appositamente per il film e non rilasciata precedentemente).

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE

Un grosso e intricato rebus quello cui ci si trova davanti quest'anno con il film superfavorito alla vigilia e vincitore nelle altre premiazioni che non è tanto assente in cinquina ma si trova nell'altra!

Spieghiamoci meglio. Le rigidissime regole dell'Academy classificano come "original" qualsiasi sceneggiatura che non abbia assolutamente elementi già presenti in altri media, che essi siano libri, fumetti, film e, a quanto pare, giocattoli!

Perché nonostante la stessa WGA, il sindacato degli sceneggiatori, abbia classificato Barbie come originale - e come negarlo - l'Academy ha ritenuto che essendo ispirata alle bambole Mattel è da ritenersi "adapted" e lì infatti è stata candidata. Una sorte avvenuta anche per film come Borat (2006), poiché il personaggio di Sacha Baron Cohen era già stato visto in televisione o, in generale, automaticamente per tutti i sequel nonostante l'originalità del soggetto (vedasi Glass Onion - Knives Out e Top Gun: Maverick, 2022; Before Midnight, 2013; Toy Story 3, 2010).

Fatta questa doverosa premessa, è difficile pronosticare il vincitore di questa cinquina, anche perché gli script in gara sono di notevole pregio.

Partiamo dal vincitore, a sorpresa, del Golden Globe per la migliore sceneggiatura (lì non c'è divisione) ovvero Anatomia di una caduta, scritto a quattro mani dalla regista Justine Triet e dal compagno Artur Harari. La scrittura è proprio il punto forte del film, capace di reggere per due ore e mezza senza mai stancare lo spettatore e approfondendo il rapporto matrimoniale di Sandra e Samuel fra ricostruzione processuale e ricordi più o meno vaghi. Meriterebbe di diventare il settimo film in lingua straniera a fare suo l'Oscar in questa categoria, a quattro anni dalla vittoria del coreano Parasite (2019), permettendo così alla Triet un risarcimento dopo la mancata selezione dalla madre patria Francia (ne parleremo settimana prossima).

Sandra Hüller in Anatomia di una caduta di Justine Triet
Sandra Hüller in Anatomia di una caduta di Justine Triet

Sandra Hüller in Anatomia di una caduta di Justine Triet 

A contendere la vittoria è la commedia The Holdovers - Lezioni di vita di Alexander Payne che, dopo due Oscar proprio di scrittura (tra gli adattamenti) per Sideways (2004) e Paradiso amaro (2011), stavolta ha diretto una sceneggiatura da lui non scritta ma opera di David Hemingson. Il tono ironico e pungente e allo stesso tempo sentimentale ma agrodolce conferisce alla insolita vicenda dei tre "restanti" che passano l'estate nel collegio.

Non è fuori dai giochi nemmeno il favorito dell'antivigilia, ovvero Past Lives scritto e diretto dalla sudcoreano-canadese Celine Song, che ha preso spunto in parte dal proprio vissuto personale. L'ultima donna a vincere in solitaria fu Emerald Fennell per Una donna promettente (2020/21), che quest'anno non é entrata in cinquina con il suo sconvolgente Saltburn. Inoltre, il fatto di aver ricevuto solo due nomination, fra cui "miglior film", non è un handicap: lo scorso anno Sarah Polley vinse per Women Talking (2022) alle medesime condizioni.

Tra le dodici nomination della sua carriera, Bradley Cooper ne ha ottenute due per la scrittura, una per l'adattamento di A Star Is Born (2018) e la seconda per Maestro, co-sceneggiato da Josh Singer, già premiato per Il caso Spotlight (2015). Gli ultimi biopic a vincere furono Il discorso del re (2010) e Milk (2008), incentrati però su singole vicende dei loro protagonisti, mentre per una biografia classica bisogna addirittura risalire a Gandhi (1982). Non un buon segnale.

Unico dei dieci film nominati per lo script non presente nella decina del "miglior film" è May December, scritto dalla coppia anche nella vita Samy Burch e Alex Mechanik, vagamente ispirati a un fatto di cronaca che scandalizzò l'America: l'amore proibito fra un dodicenne e una donna di 34 anni durato più di vent'anni. Non accade da 19 anni che vinca una sceneggiatura di una pellicola non candidata al "miglior film", ovvero Se mi lasci ti cancello (2004), e ciò avveniva ben prima dell'espansione a dieci titoli.

VINCERÀ: Anatomia di una caduta
POTREBBE VINCERE: The Holdovers - Lezioni di vita

Dominic Sessa, Paul Giamatti e Da’Vine Joy Randolph in The Holdovers. Credit: Seacia Pavao / © 2023 FOCUS FEATURES LLC
Dominic Sessa, Paul Giamatti e Da’Vine Joy Randolph in The Holdovers. Credit: Seacia Pavao / © 2023 FOCUS FEATURES LLC
HO_14895_R (l-r.) Dominic Sessa stars as Angus Tully, Paul Giamatti as Paul Hunham and Da’Vine Joy Randolph as Mary Lamb in director Alexander Payne’s THE HOLDOVERS, a Focus Features release. Credit: Seacia Pavao / © 2023 FOCUS FEATURES LLC (Seacia Pavao)

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE

Dopo lo spostamento in questa categoria ce la farà Barbie a vincere per la sceneggiatura, da molti giudicata per la sua brillantezza e acume uno dei punti forti del film? La mancata nomination di Greta Gerwig come regista potrebbe giocare a suo favore come una sorta di risarcimento, portando lei e il marito co-sceneggiatore Noah Baumbach (è la terza coppia nella vita per gli script, la sesta fra tutte le categorie) a stringere la statuetta tanto agognata e già cercata per lei con Lady Bird (2017) e Piccole donne (2019) e per lui con Il calamaro e la balena (2005) e Storia di un matrimonio (2019). Lo spostamento di categoria non danneggiò Moonlight (2016), ritenuto adattamento perché tratto da una pièce teatrale in realtà mai pubblicata, ma dalla sua pesò il fatto di vincere poi, a sorpresa, anche il premio più pesante della serata. Se Barbie vincesse e tra le originali trionfasse la Triet o la Song o la Burch, sarebbe la prima volta in 20 anni che in entrambe le categorie vincono delle donne (nel 2003 furono Sofia Coppola per Lost in Translation e Fran Walsh e Philippa Boyens per Il Signore degli Anelli - Il ritorno del re).

Il vero e agguerritissimo contendente è, naturalmente, Oppenheimer che ha regalato a Christopher Nolan appena la terza nomination come autore dopo il folgorante Memento (2000) e le scatole cinesi di Inception (2010), entrambe originali. Qui il regista britannico ha adattato la biografia American Prometheus di Kai Bird e Martin J. Sherwin (2005) con il suo inconfondibile stile di più piani temporali alternati. Inoltre, la prevedibile vittoria finale del film di Nolan come “miglior film” contribuisce non poco, considerando che negli ultimi 20 anni 16 miglior film hanno vinto anche per lo script, per una percentuale dell'80%.

Vincitore del Critics' Choice in questa categoria, American Fiction è basato sul romanzo Erasure di Percival Everett, adattato dal regista Cord Jefferson, alla prima candidatura. Protagonista è un professore che scrive un romanzo satirico sotto pseudonimo, con l'intento di smascherare le ipocrisie dell'industria editoriale.

Seconda nomination, dopo La favorita (2018) sempre di Yorgos Lanthimos, è Tony McNamara in lizza per Povere creature!, tratto dall'omonimo romanzo del 1992 scritto da Alasdair Gray.

A chiudere la cinquina, dove è rimasto fuori Killers of the Flower Moon, è La zona d'interesse, scritto dal regista Jonathan Glazer che ha adattato l'inquietante romanzo di Martin Amis del 2014. Mai un film non in lingua inglese ha vinto per un adattamento, a fronte di 23 nomination complessive (contro le 68 per le sceneggiature originali) di cui sette in questo secolo (l’ultima solo l’anno scorso con Niente di nuovo sul fronte occidentale). Se vincesse il film girato in tedesco e polacco farebbe la storia, se poi dall'altra parte trionfasse la Triet avremmo il record di entrambe le sceneggiature vincenti in lingua straniera. Ma non credo sia questo l'anno.

VINCERÀ: Barbie
POTREBBE VINCERE: Oppenheimer

Oppenheimer © Universal Studios
Oppenheimer © Universal Studios
L to R: Robert Downey Jr is Lewis Strauss and Cillian Murphy is J. Robert Oppenheimer in OPPENHEIMER, written, produced, and directed by Christopher Nolan. (Melinda Sue Gordon)

MIGLIOR COLONNA SONORA ORIGINALE

La cinquina che premierà il miglior compositore dell’anno è quella che il giorno dell’annuncio delle nomination ha rivelato le maggiori sorprese, soprattutto in negativo. Sì, perché contro ogni previsione sono stati esclusi i lavori di Daniel Pemberton in Spider-Man: Across the Spider-Verse, Mica Levi ne La zona d’interesse e Joe Hisaishi ne Il ragazzo e l’airone.

Ha trovato spazio, naturalmente, il superfavorito della vigilia, Oppenheimer, la cui colonna sonora è firmata dallo svedese Ludwig Göransson, già premiato per lo score di Black Panther (2018) e candidato lo scorso anno per la canzone “Lift Me Up” da Black Panther: Wakanda Forever (2022). Ha ormai preso il posto di Hans Zimmer a fianco a Christopher Nolan per cui aveva scritto le musiche di Tenet, vergognosamente dimenticato dall’Academy, e grazie al suo score ha già vinto tutto, dal Golden Globe al Critics’ Choice passando per il Grammy. Tutta la musica ha come unica fonte la soggettività del fisico americano, i suoi turbamenti e i suoi disagi, le sue vittorie e le sue sconfitte. Il risultato finale sono ben 90 minuti di musica ininterrotta, esattamente la metà della durata del film.

Più che a contendere la statuetta ad affiancarsi a Göransson nella cinquina troviamo il compianto Robbie Robertson, scomparso il 9 agosto 2023, membro dello storico gruppo The Band, scelto da Scorsese per musicare Killers of the Flower Moon, data la sua nota ricerca sulle sonorità degli indigeni americani che lo aveva portato a incidere nel 1994 l’album Music for the Native Americans, oltre che essere il suo storico collaboratore dai tempi de L’ultimo valzer (1978) e poi per altri undici film. Ciò nonostante questa è la sua prima, e ormai ultima, candidatura, che lo ha reso il 64° nella storia a riceverne una postuma (solo 16 hanno vinto).

Una scena di Killers of the Flower Moon
Una scena di Killers of the Flower Moon

Una scena di Killers of the Flower Moon

(Courtesy of Apple)

Prima nomination in carriera anche per i compositori di Povere creature! e American Fiction, rispettivamente il giovane Jerskin Fendrix, espressione dell’elettro-punk e del pop ultra-moderno, che è anche alla sua prima esperienza cinematografica, e la veterana Laura Karpman, pluripremiata e apprezzata jazzista, il cui nome non era assolutamente tra i pronosticabili. È solo la decima donna ad essere candidata e se vincesse sarebbe la quinta a farcela (l’ultima fu Hildur Guðnadóttir per Joker, 2019).

Chiude la cinquina un nome che non può mai mancare, e questo stavolta ha fatto torcere il naso a molti date le eccellenti esclusioni citate. Tuttavia ogni anno è buono per celebrare il leggendario John Williams che, a 91 anni, ha superato se stesso come persona più anziana candidata e, arrivando a quota 54 nomination, come uomo vivente più nominato della storia, a pochi passi dal record di 59 detenuto da Walt Disney. Williams gareggia per Indiana Jones e il quadrante del destino, grazie al quale ha già vinto un Grammy, e per il cui franchise era già stato candidato nel 1982, 1985 e 1990. Sebbene abbia vinto cinque statuette, c’è da sottolineare che Williams non vince da 30 anni esatti quando trionfò con Schindler’s List (1993).

VINCERÀ: Oppenheimer
POTREBBE VINCERE: Killers of the Flower Moon

MIGLIOR CANZONE ORIGINALE

Un derby interno è quello che si giocherà in questa categoria ad appannaggio di Barbie . È già tanto che sono due e non tre o quattro le canzoni del film candidate (come avvenuto ai Globes e ai Grammy), e questo a seguito di un cambio di regolamento avvenuto nel 2008, dopo due anni di triplette andate tutte a vuoto ai danni di Dreamgirls (2006) e Come d’incanto (2007), mentre negli anni del Rinascimento Disney senza problemi un film vinceva anche se gareggiava contro se stesso.

Infatti è possibile che solo due pezzi dallo stesso film entrino in cinquina, e a farcela per la pellicola della Gerwig sono stati l’iconico “I’m Just Ken” e l’intensa “What Was I Made For?”, entrambe udibili durante il film e non solo ai titoli di coda.

I pronostici sembrano spingere per la seconda, scritta dal duo di fratelli Billie Eilish e Finneas, già premiati con il Golden Globe e ben due Grammy, fra cui “Song of the Year” per questo pezzo che sottolinea lo smarrimento della protagonista e la presa di coscienza della sua identità. I due hanno già un Oscar per l’omonimo pezzo da 007 No Time to Die (2021) e una seconda vittoria renderebbe Billie Eilish, già record per essere la prima persona nata nel XXI secolo mai premiata, a divenire a 22 anni la più giovane vincitrice di due Oscar (superando Jodie Foster che ne aveva 29).

C’è chi, invece, complice la vittoria ai Critics’ Choice, sogna ancora una vittoria del divertente e surreale pezzo interpretato e ballato nel film da Ryan Gosling, uscito dalla penna di Mark Ronson e Andrew Wyatt, già premiati per aver scritto insieme a Lady GaGa “Shallow”da A Star Is Born (2018).

Barbie © 2023 Warner Bros. Entertainment Inc.
Barbie © 2023 Warner Bros. Entertainment Inc.

Barbie © 2023 Warner Bros. Entertainment Inc.

(Courtesy of Warner Bros. Picture)

In cerca della seconda statuetta, dopo quello vinto per la colonna sonora del film animato Soul (2020/21), il jazzista Jon Baptiste è in gara con "It Never Went Away" tratta dal documentario American Symphony, incentrato proprio su di lui.

Eterna candidata, giunta alla quindicesima nomination, settima consecutiva (e sei volte la sua era l’unica nomination del film, a dire l’amore che per lei ha il branch musicale), è Diane Warren, compositrice di ballate che hanno fatto la storia del cinema come “Because You Loved Me” di Céline Dion (Qualcosa di personale, 1996), “I Don’t Want to Miss a Thing”) degli Aerosmith (Armageddon, 1998), “There You’ll Be” di Faith Hill (Pearl Harbor, 2001) e co-autrice con la nostra Laura Pausini di “Io sì (Seen)” da La vita davanti a sé (2020/21). Nonostante questo, la Warren non ha mai vinto un Oscar competitivo e, solo l’anno scorso, è stata risarcita con un Oscar alla carriera. Quest’anno non è decisamente quello giusto, non solo a causa di Barbie, ma per la debolezza della sua “The Fire Inside”, interpretata da Becky G per Flamin’Hot , film d’esordio alla regia della “casalinga disperata” Eva Longoria sulla nascita dei Cheetos piccanti (è disponibile su Disney+).

Chiude a sorpresa la cinquina "Wahzhazhe (A Song for My People)" da Killers of the Flower Moon , composta in lingua Osage da Scott George, primo membro della Nazione Osage mai candidato. Quattro le canzoni non in lingua inglese a vincere nella storia, l’ultima solo l’anno scorso con “Naatu Naatu” in lingua telugu dall’indiano RRR (2022).

VINCERÀ: “What Was I Made For?” (Barbie)
POTREBBE VINCERE:
“I’m Just Ken?” (Barbie)