È una storia che parte da lontano, quella tra Liliana Cavani e la Mostra di Venezia: “La prima volta nel 1965, con Philippe Pètain. Processo a Vichy, un documentario sui collaborazionisti del nazismo girato per la Rai. All’epoca in televisione non si parlava della Seconda guerra mondiale e io, che ero laureata in Lettere antiche, conoscevo tutto della guerra del Peloponneso e poco di quanto era capitato pochi anni prima: succede così a scuola, per me è stata una rivelazione che ci fossero ancora dei nazisti in giro. Da quel momento in poi il mio cinema ha sempre risentito del passaggio attraverso la storia e così pure questo ultimo film”. Ovvero L’ordine del tempo, Fuori Concorso a Venezia 80 e da domani in sala, presentato in occasione del Leone d’Oro alla carriera che la Biennale ha conferito alla decana delle nostre regista.

All’origine l’omonimo saggio del fisico Carlo Rovelli: “Vi consiglio i suoi libri – dice Cavani – anche se non li capite: è importante fare lo sforzo, magari ve li fate spiegare. È un testo che mi ha permesso di riflettere su cosa sia il tempo, che convive con noi e ci perseguita: abbiamo paura del futuro e ci scordiamo del passato”.

Il prestigioso riconoscimento (che le sarà consegnato nel corso della cerimonia d’inaugurazione, con laudatio di Charlotte Rampling, protagonista del suo Il portiere di notte) richiede bilanci di un percorso lungo più di mezzo secolo: “In ogni film che ho fatto ci ho messo quella che ero in quel momento: Il portiere di notte, per esempio, mi ha coinvolto molto, che deve molto agli incontri avuti per la realizzazione del mio documentario La donna nella Resistenza e che ho capito a mano a mano, mentre lo giravo. L’ho accompagnato in tutto il mondo, ha creato stupore nel pubblico e nel cast. Il momento peggiore della carriera? Forse quando sono entrata nei lager. Non accetto i negazionisti, devono essere legati a una poltrona e messi di fronte alle immagini di quell’orrore”. A novant’anni, una nuova avventura sul set: “Il mio produttore Fabrizio Donvito ha osato fare il film – scherza ma non troppo la regista – e ho avuto un bel gruppo di attori e attrici: era come se li conoscessi da sempre”.

Liliana Cavani (foto di Karen Di Paola)
Liliana Cavani (foto di Karen Di Paola)

Liliana Cavani (foto di Karen Di Paola)

Nel cast Edoardo Leo (“Uno di quei rari film che ti arricchisce come persona: ci è rimasto addosso, ci siamo posti le stesse domande dei personaggi e le nostre riflessioni sono entrate nella storia”), Claudia Gerini (“Esperienza molto formativa, un lavoro molto teatrale su una questione umana. Liliana è curiosa, sempre in ascolto, mai di fretta nonostante non ci fosse molto tempo”), Richard Sammel (“Un film mosso dall’urgenza di trovare una risposta: il colpo di genio di Liliana è stato quello di farmi capire che dovevo sentirmi non integrato come il mio personaggio”), Valentina Cervi, Alessandro Gassmann, Fabrizio Rongione, Francesca Inaudi, Angeliqa Devi, Angela Molina.

E Ksenia Rappoport, visibilmente emozionata: “Sono molto grata a Liliana, questo film mi ha aiutato a sopravvivere nel momento più difficile della mia vita. Sogni un figlio, lo immagini, lo concepisci, lo fai crescere, poi diventa un uomo e deve partire per la guerra. E due giorni dopo muore. Questo oggi è l’ordine del tempo”.