Il secondo lungometraggio di Simone Petralia, Giorni felici, nelle nostre sale dall’11 dicembre con Europictures, riflette sul tema della malattia e della morte.

Alla presentazione del film per la stampa era presente anche Mina Welby, oltre ai protagonisti di questo dramma e di questa storia d’amore al tempo della SLA, ovvero Franco Nero e Anna Galiena.

Il regista di Giorni felici, Simone Petralia
Il regista di Giorni felici, Simone Petralia

Il regista di Giorni felici, Simone Petralia

“Staccare la macchina è una cosa poetica”, dice Mina Welby, moglie di Piergiorgio Welby, che gravemente ammalato, nel 2006 chiese più volte che venisse posto termine alla sua vita a causa delle sue condizioni. La sua morte a seguito del distacco del respiratore artificiale e previa somministrazione di sedativi divenne un caso e sicuramente ancora oggi è motivo di riflessione.

“Il mio non è un film sulla morte, ma è un inno alla vita - dice il regista -. Vuole dare un messaggio di speranza. È una commovente storia sulla quotidianità di Margherita, interpretata da Anna Galiena, un’attrice affetta da una malattia progressiva e su Antonio, l’uomo che diventa il regista della sua vita. Il film esplora l’odissea di questa coppia anziana che si ritrova dopo anni di separazione, concentrandosi sul difficile percorso che i protagonisti devono affrontare”.

Tanti i riferimenti cinematografici, tra questi sicuramente c’è Amour. “Ha alcune cose simili, ma non ne volevamo fare una versione italiana”, specifica il regista.

“La SLA è una malattia terribile, Simone Petralia ha scritto una bellissima sceneggiatura e insieme abbiamo scelto Anna Galiena come protagonista- dice Franco Nero-. Per la terza volta nella mia carriera lei interpreta mia moglie. È stata una bella avventura, d’altronde quando lavori con le persone brave tutto diventa più semplice”.

E Anna Galiena: “Noi attori abbiamo un’arma segreta ovvero la nostra immaginazione. Ogni volta che reciti un personaggio comunque ci metti dentro sempre anche la tua vita e il tuo bagaglio”. Nel cast anche Marco Rossetti, Antonella Ponziani, Marcello Mazzarella, Bianca Nappi e Maria de Medeiros. Scritto in pochi giorni dallo stesso Simone Petralia, il film è stato prodotto da Giampietro Preziosa e Marco S. Puccioni per Inthelfilm, in collaborazionecon Rai Cinema, in Associazione con Master Five Cinematografica, Vinians Production, Golden Boys, Arelux Film, in collaborazione con Bielle Re e con il sostegno della Regione Lazio-Fondo Regionale per il cinema e l’audiovisivo. “Il mio è stato un lavoro a togliere perché molti dialoghi erano retorici e non servivano. Bastava uno sguardo per emozionarsi. Conoscevo bene Mina Welby e la sua storia e questo mi ha aiutato per scrivere il film”, racconta il regista.

E Mina Welby conclude: “Questo è un film per meditare. Non parla di come si fa per morire, ma di come si fa per vivere meglio. Tutto quello che ho visto in questo film l’ho vissuto nella mia vita. Io ho aiutato mio marito a morire. La persona che vuole morire dovrebbe fare un testamento biologico per essere lasciato andare. Nel caso della SLA si può fare con il medico un progetto di assistenza con una pianificazione condivisa con il paziente delle cure. In questo film non si parla di morire, ma di vivere il meglio possibile con cure palliative”.