“Il cinema può combattere i pregiudizi e i luoghi comuni. In questo caso sulla comunità dei migranti che fa tanto paura”. Parola dei fratelli Dardenne che oggi hanno presentato il loro ultimo film Tori e Lokita, passato in concorso allo scorso Festival di Cannes, vincitore del Premio Speciale per il 75esimo anniversario e dal 24 novembre in sala distribuito da Lucky Red.

Tori (Pablo Schils) è un bambino, Lokita (Mbundu Joely) è una ragazza adolescente. Insieme hanno affrontato da soli un duro viaggio per lasciare l’Africa e arrivare in Belgio. Arrivati nel nuovo paese, le difficoltà sono tante e possono fare affidamento solo sulla loro profonda amicizia per cercare di integrarsi in un mondo che li respinge.

“Abbiamo scelto questi due ragazzi – raccontano i due registi, vincitori di due Palme d’oro per Rosetta nel 1999 e per L’enfant – Una storia d’amore nel 2005 – che non avevano mai girato un film prima. Mbundu Joely ha sedici anni e mezzo e cercava sempre di mettere una distanza tra lei e il personaggio che interpretava perché è un film nel quale si è sentita perdere parte della sua innocenza, mentre Tori ha dodici anni e l’ha presa più come un’avventura e un gioco”.

La storia è tragicamente molto attuale, ma non prende spunto da un fatto di cronaca. “Una decina di anni fa stavamo lavorando insieme a una sceneggiatura su una famiglia di migranti, poi però il progetto non andò avanti. Negli ultimi anni però abbiamo letto tante notizie di migranti non accompagnati che arrivano nei nostri paesi e dei quali si perdono le tracce. Abbiamo pensato che tutto questo non fosse una cosa normale. E così abbiamo deciso di mettere al centro di questa storia d’amicizia questi due ragazzi che arrivano nel nostro paese”.

Tori e Lokita
Tori e Lokita
Tori e Lokita

Sicuramente le persone migrano alla ricerca di un futuro migliore, che non sempre trovano come in questo film. “Vista la storia non ci sembrava il caso di finire con un happy end. Lokita non è una martire, ma con la sua amicizia salva la vita a Tori. Abbiamo voluto raccontare due persone che vorrebbero vivere come noi, avere i documenti e condurre una vita normale nei nostri paesi. Nella convenzione di Ginevra c’è un aspetto importante di tutela dell’infanzia che andrebbe esteso e andare ben oltre i 18 anni. È giusto che questi ragazzi, dopo avere intrapreso un percorso e essere andati a scuola, possano restare nei nostri paesi”.

E sulla semplicità della messa in scena commentano: “Meno c’è intrigo e più c’è verità. Abbiamo voluto raccontare la vita di due persone per creare un dialogo silenzioso e far mettere in discussione lo spettatore. Per questo crediamo che la semplicità sia lo stile giusto. Abbiamo anche scelto di proposito di non riprendere la crudeltà di alcune immagini. Non mostrando alcune cose e prendendo il punto di vista della vittima e non del boia, come lo strip-tease, viene ancora più fuori la violenza. La forza di quelle immagini viene fuori da quello che non mostriamo”.

Nel film c’è anche una canzone italiana: Alla fiera dell’est di Angelo Branduardi. “Era scritto nella sceneggiatura che questi due ragazzi avrebbero cantato insieme una canzone che avevano imparato appena sbarcati a Lampedusa. Abbiamo scelto questa perché le sue canzoni ci piacciono molto”. E sulla situazione in Europa rispetto ai migranti dicono: “È vero che in Europa le persone sono inquiete e temono la guerra e la crescita del prezzo dell’energia, ma c’è tanta gente che vuole una società migliore e quindi dobbiamo pensare come organizzare meglio l’accoglienza dei migranti. Per noi anche raggiungere un piccolo numero di persone con questo film è importante. Siamo obbligati ad avere fiducia e speranza”.

I due fratelli Dardenne saranno ospiti al 63° Festival dei Popoli che dedicherà loro una retrospettiva che culminerà – venerdì 11 novembre a Firenze – con una masterclass e una proiezione in anteprima di Tori e Lokita. Un film che comunque sarà anche fatto vedere alle scuole. La Lucky Red ha infatti annunciato che è già stato inserito all’interno del catalogo scuole. Un po’ troppo duro forse per dei ragazzini? "È vero, è una storia crudele, ma in fondo anche le favole come Pinocchio lo sono”, rispondono e concludono i due autori.