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The Legend & Butterfly
Pochi giorni fa si è conclusa la più grande manifestazione europea dedicata al cinema asiatico, ovvero il Far East Film Festival che dal 1999, nella seconda metà del mese di aprile, accende i suoi riflettori sulla città di Udine. 78 titoli, di cui 43 in gara, 14 Paesi partecipanti, 9 anteprime mondiali, 13 internazionali, 14 europee e 23 italiane hanno animato il programma della 25ma edizione, andata in scena dal 21 al 29 aprile.
Le proiezioni si sono divise tra il Teatro Nuovo “Giovanni da Udine”, location dei film contemporanei e il Visionario, cinema protagonista di proiezioni-evento e retrospettive, contribuendo a creare così un’alternanza fisica – oltre che temporale – che ha rappresentato il filo conduttore di tutti gli eventi: un viaggio verso il futuro con uno sguardo al passato degli anni ’80 e ’90, in una narrazione dell'Oriente di ieri e di oggi.
Nel Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” ad aprire il sipario sono state due anteprime europee: Ajoomma lungometraggio di esordio del regista singaporiano He Shuming 何书铭, co-produzione tra Singapore e Corea del Sud; e Bad Education del regista esordiente Kai Ko 柯震东. Mentre a chiuderlo un’anteprima mondiale e una internazionale: Full River Red del regista Zhang Yimou 张艺谋, uscito nelle sale cinesi nel gennaio 2023; e A Moment of Romance diretto dal regista hongkonghese Benny Chan 陈木胜. C’è da dire che tutte le proiezioni hanno avuto le loro peculiarità e i loro messaggi, a volte di semplice lettura, altre di più difficile comprensione e tra le tante si ricordano le vincitrici degli ambiti Gelsi: Abang Adik (Jin Ong 富都青年, Malesia, 2023) premio Black Dragon, Gelso per la Migliore Opera Prima e Gelso D’Oro; The Sale Girl (JanchivdorjSengedorj, Mongolia, 2022), Gelso Rosso “Mymovies”; Day Off (Tien-Yu, Taiwan, 2023), Gelso per la Migliore sceneggiatura; e Yundo (Suzuki Masayuki, Giappone, 2023), Rebound (Chang Hang-jun, Corea del Sud, 2023) per gli Audience Awards.


Full River Red
In quei giorni a Udine si è respirata un’atmosfera unica, la città si è trasformata in un punto di ritrovo per esperti e appassionati a livello nazionale e internazionale che hanno voluto immergersi nel continente asiatico, scoprirne e osservarne le declinazioni artistiche e non solo. Infatti, diversi eventi si sono aperti contemporaneamente al Festival e hanno soddisfatto i gusti di tutti: dagli amanti della geopolitica agli appassionati di cosplay contest. Sono state imperdibili le indagini del giornalismo di attualità e le puntate di Bambù un podcast di Chora Media e Far East Film Festival con la narrazione di Giulia Pompili (Il Foglio) e Francesco Radicioni (Radio Radicale); l’intento era raccontare gli ultimi 25 anni di Asia, dal Giappone alla Cina passando per il Sud Est Asiatico, al quale si sono legati la mattutina rassegna stampa di giornali nazionali e internazionali e i pomeridiani Bambù Talks, con gli stessi giornalisti, in letture e dibattiti per discutere di Asia e del suo posto nel mondo.
Per non parlare dei diversi corsi, masterclass, giochi ed esperienze, come degustazioni di tè, l’arte dello shibari, ginnastica cinese del mattino, caccia ai pokémon ed anche djset: perché si sa, in oriente le relazioni sono importanti! E ancora, tra le novità in anteprima la cinematografia si è affiancata alla letteratura, con la presentazione del libro Il tuono dell’anarchia di He-Yin Zhen 何震 accompagnata da esibizioni, in un evento targato Pink Night.


Far East Film Festival: focus sull'Asia
Il 2023 è stato il secondo anno dopo la pandemia in cui è stata ripresa la partecipazione di artisti internazionali, tra cui la vincitrice del Gelso d’Oro alla carriera Baisho Chieko 倍賞千恵子, celebre attrice e cantante giapponese non estranea agli amanti delle produzioni di Hayao Miyazaki 宮崎駿, poiché voce di Sophie ne Il Castello errante di Howl, che ha portato in questa edizione del FEFF il suo ultimo film Plan 75 della regista Hayakawa Chie 早川千絵. Un film che fa breccia nella memoria: Untold Herstory Il punto di partenza da tenere in considerazione nell’analisi della maggior parte dei film trasmessi al Festival è il periodo della loro produzione e uscita. Il 2022 è stato l’anno della rinascita, caratterizzato dal rientro della pandemia, dal ritorno in sala, dalla progressiva riapertura e ripresa del mercato cinematografico, con alti e bassi che hanno bloccato produzioni in alcuni Paesi anche fino al 2023, e ridotto gli incassi al botteghino a causa della concorrenza hollywoodiana.
Proprio su questo scenario, che potremmo definire “di fiacca”, si colloca il cinema taiwanese della seconda fase del 2022 e il film Untold Herstory (流麻溝十五號, Zero Chou, Cina, 2022) che, uscito nell’ottobre dello stesso anno, ha registrato un incasso di soli 40 milioni a fronte dei 60 investiti per la post-produzione, per la pubblicità e per la diffusione all’estero. Ciononostante, il film è meritevole per le diverse tematiche trattate. Diretto da Zhou Meiling 周美玲 – meglio conosciuto come Zero Chou – e basato sulla trascrizione omonima di una storia tramandata oralmente e pubblicata da Cao Qinrong 曹欽榮, racconta uno dei periodi più bui della storia taiwanese: il “Terrore Bianco” al tempo della dittatura, tramite la voce e le vicende delle prigioniere politiche spedite sull’Isola Verde (Green Island) per essere sottoposte alla rieducazione ideologica. Il film è rivoluzionario per una serie di considerazioni. Pur non essendo il primo a narrare gli eventi atroci della Taiwan degli anni ‘50 e nemmeno a portare sullo schermo donne vittime dell’ideologia, è fruibile a pieno per il pubblico taiwanese e narra a gran voce una storia che finora era stata solo sussurrata: apre dibattiti sulla libertà e sui limiti di questa in relazione al peccato e verso chi commette questo peccato, in un eterno conflitto con sé stessi, la patria, la famiglia, la vita e la morte.


Baisho Chieko
Untold Herstory è stato realizzato nel momento giusto, con i tempi giusti, da un regista che sa come raccontare e riprendere le donne. Tre le protagoniste della vicenda: Chen Ping (Cindy Lien 連俞涵), Yan Shixia (Herb Hsu 徐麗雯) e Kyoko (Yu Pei-Jen 余佩真), rispettivamente nei ruoli di chi collabora per sopravvivere e che si svende per salvare vite; di chi rifiuta di scendere a compromessi attenendosi ai propri principi; e chi guarda con occhi innocenti il terrore senza senso che la circonda. È una narrazione toccante che mette in scena la speranza di preservare queste storie attraverso le immagini, così che ogni taiwanese, in futuro, possa pensare in modo indipendente ed esprimere giudizi su ogni fase e forma di governo.