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THE TWISTED TALE OF AMANDA KNOX - “First Look” - A limited series inspired by the story of how Amanda Knox was wrongfully convicted for the tragic murder of her roommate Meredith Kercher and her sixteen-year odyssey to set herself free. (Disney/Andrea Miconi) GRACE VAN PATTEN
Si chiama The Twisted Tale of Amanda Knox la nuova serie in arrivo su Disney+ a quasi 20 anni dall’omicidio di Perugia che sconvolse l’Italia. Otto puntate che raccontano il punto di vista della Knox: la sua versione dei fatti di quella notte, l’iter giudiziario, i media totalizzanti e gli errori commessi. La serie, prodotta da Monica Lewinsky, arriva in piattaforma il 20 agosto.
Abbiamo incontrato Grace Van Patten, l’attrice che interpreta Amanda, che ha dichiarato di essere stata quasi estranea ai fatti prima di iniziare a lavorare al progetto.
Era a conoscenza della storia di Amanda Knox prima di partecipare al progetto?
Pensavo di saperne molto di più di quanto in realtà sapessi e più facevo ricerche, più guardavo e leggevo cose e, cosa principale, parlando con lei, non riuscivo a credere di quanto poco fossi a conoscenza dei fatti. È stato davvero sorprendente, straziante e frustrante sentire tutto.


Come è andato il vostro primo incontro?
La prima volta è stata su Zoom, ero così nervosa, non riuscivo a crederci. Mi sembrava quasi di avere un’esperienza fuori dal corpo, ricordo di averle detto: “Deve essere stranissimo per te, stai facendo una call con un’attrice a caso che sta per interpretarti, dev’essere così assurdo.” Ma lei mi ha subito fatta sentire al sicuro, a mio agio. È entrata subito nel vivo, senza esitazione, raccontando quello che aveva vissuto. È davvero molto aperta.


L’ha aiutata moltissimo nella comprensione del personaggio.
Ovviamente uno si aspetta che una persona che ha passato tutto questo sia più restia ad aprirsi e a mostrarsi vulnerabile. E invece è stato uno dei tanti pregiudizi che sono caduti parlando con lei, e spero che la serie faccia lo stesso effetto sul pubblico.
Come ha affrontato l’interpretazione di una donna definita più dai racconti dei media che dalla sua verità?
Prima di lavorare a questa serie non conoscevo davvero molti dettagli, quindi scoprire le falle dell’indagine è stato assolutamente scioccante per me. Le cose che erano proprio davanti ai loro occhi e che hanno scelto di ignorare sono state estremamente sconvolgenti e frustranti. E sono felice che le persone ora possano vedere quei fatti, sapere che sono accaduti, invece di non saperlo e ricordare soltanto i titoli sensazionalistici che vengono in mente quando sentono il suo nome. Questa serie dà davvero alle persone i fatti, così che possano formarsi un’opinione basata sulla realtà, invece che su pregiudizi o sulla stampa e i titoli dell’epoca.


Cosa ha scaturito il suo interesse nel raccontare questa storia?
Ho pensato fosse così bello che le stessero dando l’opportunità di riprendersi la sua storia e raccontare la sua versione senza che sembrasse forzato. Credo che lo show faccia un ottimo lavoro nell’entrare in empatia con ogni personaggio: tutte queste persone, provenienti da contesti diversi, carriere diverse, visioni diverse, erano davvero convinte di fare la cosa giusta. Sono convinta che credessero davvero di pensarla così, ma vedere quanto sia diventato tutto caotico, quella è la parte più straziante, perché tante cose non sarebbero dovute accadere. Ho sentito il bisogno di mostrare le emozioni di Amanda, perché quelle erano le cose che non venivano pubblicizzate: come lei si sentiva mentre tutto accadeva, mostrare cosa stava vivendo. Tutti sanno cosa è successo, ma nessuno sa davvero come lei si sentisse.
Un punto di vista nuovo.
Lei non incolpa nessuno, e questo per me è bellissimo. Ho imparato tantissimo da lei e dal suo modo di pensare, dalla sua capacità di mantenere positività, speranza e perdono. Credo sia l’unico motivo per cui è riuscita ad andare avanti: non porta rancore né risentimento, accetta che ognuno stesse solo cercando di fare il proprio lavoro. Lo trovo davvero ammirevole. Non riesco a immaginare di poter avere quella mentalità in una situazione del genere.
Attraverso questa esperienza, quanto si è resa conto che chi controlla la narrazione controlla la storia?
Non potevo crederci! È stato scioccante per me. Pensavo fosse normale, perché vediamo titoli sensazionalistici continuamente, sei abituato a leggerne di scioccanti. Ma quando ho iniziato davvero a informarmi su Amanda e su questo caso, ero sconvolta. E ascoltando come lei si fosse sentita in tutto questo e soprattutto parlandole di persona per la prima volta, non potevo credere che qualcuno a cui la narrazione era stata completamente imposta e costruita dall’esterno, fosse disposto a fidarsi di qualcun altro per raccontare la sua storia. Mi sono sentita davvero onorata che si fidasse di me. E l’ho trovato bellissimo anche perché, dopo 18 anni in cui era sempre stata raccontata da altri, pensavo fosse meraviglioso che mi stesse dando questa opportunità. Direi che questa è stata la cosa principale che ho portato via da questa esperienza: vedere una persona che è stata vittima di tutto questo, essere comunque disposta a concedere un’altra possibilità.


Attraverso questo ruolo e parlando con Amanda, ma anche con Monica Lewinsky, produttrice esecutiva, ha trovato una nuova comprensione del trauma che la diffamazione personale e un processo mediatico possono causare?
Parlare con loro per me sono è stata una fonte di enorme ispirazione, per come sono riuscite a uscirne nonostante entrambe siano state duramente analizzate e trasformate in “cattive” dalla stampa, eppure non hanno paura di esserci ancora, di far parte dei media. Penso che siano incredibilmente forti. Ed è davvero triste che entrambe abbiano dovuto vivere tutto questo in età così giovane. Fortunatamente io non ho mai dovuto affrontare una cosa simile, e credo che quello che ho tratto di più dalla loro esperienza sia proprio il modo in cui sono riuscite a gestirla senza lasciarsi sconfiggere. Nonostante tutto, non hanno paura di raccontare la loro storia, di esporsi, di dire quello che pensano ed è questa la parte che per me è stata più ispirante.
Essendo un’attrice non può giudicare i suoi personaggi: come è stato però a livello emotivo interpretare qualcuno di esistente, qualcuno con cui ha potuto confrontarsi?
Cerco di non giudicare mai i personaggi che interpreto, perché per farlo davvero e permettere al pubblico di provare empatia per loro, bisogna sentire profondamente quello che vivono e non sarebbe possibile se li giudichi. Con Amanda poi è stato diverso: non avevo mai interpretato prima una persona realmente esistente, è stato un approccio completamente nuovo rispetto a quello che avrei normalmente seguito. È stata una grande fortuna poter fare domande e ascoltare direttamente da lei ciò che ha vissuto, invece che basarmi su quello che potevo leggere. Ed era fondamentale per me rappresentare le sue emozioni, piuttosto che limitarmi a fare un’imitazione. Lei è stata così disponibile a condividere tutto questo con me, e gliene sono davvero grata.
Nella serie parla anche italiano, come è andata la sua preparazione alla lingua?
Imparare l’italiano è stato un aspetto molto importante della preparazione. Avevo due mesi prima delle riprese, quindi è stato un intenso lavoro di conversazioni con lei, con lo studio dell’italiano e fare più ricerche possibili, un mix di tutto quello che potevo fare.
Cosa ha imparato della cultura italiana lavorando alla serie?
Tutta questa storia è molto polarizzante, no? Le persone hanno opinioni davvero forti a riguardo. Spero davvero che la serie riesca a dare al pubblico tutti i fatti necessari per formarsi un’opinione basata su ciò che è realmente accaduto, invece che sulla stampa che all’epoca l’ha sbattuta in faccia a tutti. Perché era una vicenda enorme, che coinvolse diversi Paesi che avevano posizioni molto forti in merito. Spero che la serie dia al pubblico l’opportunità di formarsi un’opinione basata sulla verità, a prescindere da cosa pensassero prima di guardarla.