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La famiglia, con i legami, le relazioni, i diversi eventi che la attraversano, rappresenta da sempre un serbatoio inesauribile di storie destinate alla letteratura, al cinema, alla televisione, al teatro. Le vicende familiari, infatti, intessute tra l’intimità domestica e il rapporto con l’esterno costituiscono un motore narrativo perfetto per parlare della società nella sua interezza, di chi siamo, quali sono le nostre radici, che futuro stiamo preparando. Ma cosa succede quando il topos del focolare domestico diventa uno degli ambiti privilegiati del racconto distopico?
Sulla scia del successo globale della serialità contemporanea, la presenza di titoli incentrati su tematiche distopiche sembra oggi esprimere il bisogno diffuso di riflettere sul presente e sul passato, immaginando un futuro irrimediabilmente catastrofico (per un approfondimento si veda l’Atlante delle distopie mediali: https://www.unicatt.it/uc/atlantedistopiemediali). Accanto a guerre nucleari, crisi sanitarie, governi totalitari o società sottomesse a una tecnologia sempre più intensificata, proprio le strutture familiari diventano oggi uno degli ambiti distopici battuti dalle narrazioni seriali: insomma, anche la famiglia, o meglio la sua disgregazione, si rivela uno dei fattori responsabili del futuro tragico che ci attende.
Se la maternità è un male: The Lottery e The Handmaid’s Tale


The Lottery @Philippe Bosse
Ma di chi è la colpa di questo disfacimento in salsa familiare? Sono tre i filoni distopici che delineano altrettanti mondi possibili di colpevoli. Il primo filone è incentrato sulla “distopia senza bambini”, cioè sull’esclusione dal mondo delle fasce generazionali più giovani come effetto, principalmente, di un problema globale di infertilità che rappresenta una sorta di punizione impartita al mondo degli adulti. Nella serie The Lottery (USA, 2014) l’unica speranza per il genere umano è rappresentata da una lotteria pubblica destinata a selezionare il gruppo di donne alle quali impiantare gli unici cento embrioni rimasti al mondo. Anche la serie The Handmaid’s Tale (USA, 2017), tratta dall’omonimo romanzo di Margaret Atwood, impiega il tema della perdita o rinuncia della maternità come espressione del ridimensionamento del ruolo della donna: nello stato totalitario della Repubblica di Gilead, le mogli sono completamente sottomesse ai mariti, private della possibilità di ricoprire ruoli lavorativi; le giovani ancelle, invece, sono considerate essenzialmente delle macchine riproduttive, rappresentando così lo stadio finale della de-personalizzazione operata dal regime.
Potere ai bambini: The Society e Hanna


Hanna
Il secondo filone si sviluppa intorno alla “distopia senza adulti”: qui i protagonisti ed eroi sono sostanzialmente bambini e adolescenti mentre gli eventuali pochi adulti ricoprono ruoli marginali o sono relegati a figure assenti se non nemiche. Nel teen drama The Society (USA, 2019), un gruppo di adolescenti di una cittadina del New England viene temporaneamente allontanato dalla città a causa di uno strano odore. Al loro ritorno, tutti gli adulti sono scomparsi, le strade per uscire dalla città sono bloccate e le infrastrutture per comunicare con l’esterno non funzionano. I ragazzi devono così definire una nuova gerarchia sociale, che sfocia poi ben presto in uno stato di anarchia e amoralità. Anche le serie Hanna (USA, 2019-2021) Sweet Tooth (USA, 2021) e Anna (Italia/Francia; 2021, adattamento dell’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti) raccontano le vicende di ragazzini solitari, lontani dalla civiltà e dai suoi agi, costretti a crescere allo stato brado, privi di educazione, senso del limite, solidarietà, in foreste, deserti o mondi post-apocalittici segnati da epidemie che hanno decimato la popolazione. I disagi vissuti da questi giovani protagonisti dovuti all’assenza dei genitori diventano la denuncia contro le mancanze delle precedenti generazioni, con il drammatico esito della perdita della memoria che si tramanda dalle figure genitoriali ai figli.
Famiglie e altre catastrofi: For All Mankind


For All Man Kind
Il terzo filone pone al centro la “distopia dei drammi familiari” ossia famiglie che si trovano di fronte a catastrofi che, per loro stessa natura, coinvolgono, cambiandole, più generazioni di individui, con ansie e preoccupazioni trasversali a ogni età. Le serie di questo filone mettono al centro la famiglia come unità di analisi per indagare quale sia l’impatto di problemi politici, economici, sociali di ampia se non devastante portata sulla vita delle singole famiglie, sulle dinamiche relazionali tra i suoi componenti. Ne è un esempio la serie For All Mankind (USA, 2019), un family drama con elementi sci-fi ambientato in ucronici anni Sessanta, in cui i Sovietici sono riusciti a battere sul tempo gli Americani nella corsa allo spazio. Al centro troviamo le cupe vicende di vari astronauti della NASA e delle loro famiglie. Ma l’aspetto tragico risiede nel potere limitato degli individui che, nonostante gli sforzi, non sono in grado di deviare il corso della Storia in modo significativo. La vera distopia, insomma, è la nostra stessa realtà che, anche con qualche variazione, tende ad auto-realizzarsi noncurante anche di chi la desidererebbe differente.
Un altro esempio è Years and Years (Regno Unito, 2019), miniserie che tinge la sua impostazione di family drama con elementi comedy, sviluppando linee narrative inquietanti. Al centro troviamo la famiglia Lyons, composta da persone che appartengono a generazioni, etnie, posizioni politiche, sensibilità diverse. Nel corso degli anni eventi politici ed economici sconvolgono le vite dei singoli protagonisti, portandoli a scontrarsi l’uno contro l’altro. Le loro crisi private si rivelano infatti una conseguenza o un riflesso del processo di rovina che si consuma sopra di loro, rendendo evidente che la corruzione non affligge mai solo il mondo esterno, ma finisce per contaminare i rapporti inter-generazionali tra i soggetti. Nelle loro diverse traiettorie, questi tre filoni condividono un presupposto fondamentale, che la distopia trasforma in un campanello d’allarme: la famiglia, in quanto cellula fondamentale del corpo sociale, non può dismettere il suo triplice ruolo di progenitrice delle nuove generazioni, memoria storica da tramandare, voce morale sui traumi del passato e sulle angosce del presente. Diversamente, ciò che si rischia è il buio.