Vive la France, ma senza la Francia. Anatomia di una caduta di Justine Triet si esalta ai 96esimi Oscar: cinque nomination pesanti, ovvero film, regista, attrice (la superba Sandra Hüller), sceneggiatura originale (Justine Triet, Arthur Harari) e montaggio (Laurent Sénéchal).

Per ritrovare una simile performance di un titolo gallico bisogna tornare al 2012, allorché The Artist di Michel Hazanavicius incassò dieci nomination trasformandone cinque, ossia film, regia, l’attore protagonista Jean Dujardin, costumi e colonna sonora.

Ai Golden Globes dello stesso anno il muto e bianco & nero The Artist conquistò miglior film commedia o musicale, attore e colonna sonora, e ai recenti 81esimi riconoscimenti della stampa estera Anatomy of a Fall, il titolo internazionale, non s’è troppo discostato: miglior film di lingua non inglese e sceneggiatura, scritta dalla regista con il compagno.

Le analogie proseguono considerando la Palma d’Oro vinta a Cannes, segnatamente 2011 e 2023, e l’exploit agli Oscar europei con cinque EFA per Anatomia (film, regia, sceneggiatura, montaggio e attrice protagonista) e lo stesso per The Artist, ma finiscono qui.

Il botteghino è lusinghiero, oltre ventitré milioni di dollari nel mondo (in Italia distribuito da Teodora sta a un eccellente milione e 331mila euro, con duecentomila biglietti), ma Anatomia di una caduta paga un “peccato” originale: quale?

Il dramma scava esemplarmente e crudamente nei segreti di una coppia e mette al centro una scrittrice che “se ne frega di piacere agli altri e non si scusa della propria libertà”. Incarnata dalla Hüller, vive con il marito e il figlio non vedente in uno chalet sulle Alpi francesi: quando il coniuge muore in circostanze misteriose, viene accusata di omicidio.

Il cursus honorum del film è parimenti thriller: non ha corso nella categoria d’elezione, miglior film internazionale, perché la Francia gli ha preferito il meno blasonato La Passion de Dodin Bouffant di Trần Anh Hùng.

Triet avrebbe scontato nella mancata designazione patria il discorso di accettazione della Palma a Cannes, allorché criticò la repressione da parte del presidente Emmanuel Macron del movimento di protesta contro la riforma delle pensioni.

Malgrado il pesante handicap, il distributore americano Neon ci ha creduto, e ha avuto ragione, facendo incetta di nomination: ora non resta che attendere la cerimonia di premiazione dei 96esimi Academy Awards il prossimo 10 marzo (in Italia nella notte tra domenica e lunedì 11 marzo, ancora ignoto se ci sarà la trasmissione in diretta televisiva o streaming).

Nel frattempo, possiamo registrare la cresta bassa, almeno di Stato, dei galletti: La Passion de Dodin Bouffant di Trần Anh Hùng non ha centrato la nomination al miglior film internazionale, alimentando il trentennale digiuno transalpino nella categoria, ex lingua straniera, che dura dal 1993 allorché vinse Indocina di Régis Wargnier.

L’eccezione culturale, appunto.