“When the legend becomes fact, print the legend”. Il primo a sentirlo dire fu un attonito James Stewart in L’uomo che uccise Liberty Valance. Era il 1962, e John Ford consegnava alla Storia tre parole che si sarebbero cristallizzate nel tempo: “Stampa la leggenda”. Nel 2015, Steven Spielberg aveva dichiarato: “I film dei supereroi faranno la fine dei western”. Un monito, un collegamento forse azzardato, ma questa volta la Warner Bros sembra davvero essersi ispirata all’insegnamento di Ford, “stampando la leggenda”.

Justice League è un blockbuster maledetto. Prima dietro la macchina da presa doveva esserci Zack Snyder, poi sostituito da Joss Whedon. Nel 2017 esce in sala, e tutti lo ricordano come la peggior avventura di sempre targata Dc Comics. Sui social nasce il mito di una possibile versione di Snyder. Si favoleggia che possa esistere un’altra Justice League, decisamente migliore. Anni dopo la Warner decide di trasformare il sogno dei fan in realtà. Negli Stati Uniti su HBO Max, e da noi su Sky, arriva la Zack Snyder’s Justice League.

Il gigantismo hollywoodiano viene portato all’estremo, in un’esperienza di quattro ore che cancella il lavoro fatto da Whedon. Dell’originale rimane poco, l’ossatura principale. Snyder si scatena, dà fondo alla sua creatività. L’orgia di effetti visivi incontra momenti di sorprendente quiete, dove il passato dei nostri eroi viene approfondito con passione. A spiccare è il personaggio di Cyborg, che in Justice League era appena abbozzato.

Zack Snyder’s Justice League è la conclusione della trilogia iniziata con L’uomo d’acciaio. Si tratta di un’epopea dalle sfumature messianiche, dove Superman si era anche sacrificato per l’umanità alla fine di Batman v. Superman, il secondo capitolo. Niente di nuovo, i riferimenti cristologici erano già presenti quando alla regia c’era Richard Donner, nel 1978. Ma qui la presenza del superuomo si fa più rarefatta, fantasmatica, legata al lutto di un intero pianeta. La sua dipartita è il riflesso di un’America che non si è ancora ripresa dall’11 settembre, tema ricorrente nelle storie di Snyder. Quando Lois Lane si avvicina al monumento costruito in ricordo di Superman, il regista forse rende omaggio alle vittime del World Trade Center. Lo spettro del terrorismo non a caso si concretizza anche in una delle prime apparizioni di Wonder Woman.

 

Peccato per le onnipresenti sequenze al rallentatore, per l’autocompiacimento che permea molte battaglie. Ma il pregio di Zack Snyder’s Justice League è di riuscire a far dimenticare le incoerenze di Whedon. Le atmosfere sono cupe, le immagini desaturate, la violenza è più marcata. Il divertimento si fa adulto, ritornano alcuni personaggi che erano stati eliminati, e non mancano di certo le sorprese.

Snyder gioca con gli eccessi, e a volte guarda più a 300 che a Watchmen. Il suo cinema lo si conosce, e nel fumetto trova il suo ambiente ideale. Prendere o lasciare. Però bisogna riconoscere che Zack Snyder’s Justice League è un’impresa titanica portata a compimento, una sfida estenuante sia da un punto di vista produttivo che per la platea. “Gli dèi tra noi” suonano la carica per dare il via a un banchetto pantagruelico dedicato agli appassionati e a chi crede in una possibile rivincita. Fluviale, sia nella durata che negli intenti.