Spesso il cinema dedicato alla libertà, ai diritti, è legato all’azione, al movimento. Pensiamo ad Anche io di Maria Schrader: lo scandalo Weinstein attraversava il mondo, il lavoro di ricerca non conosceva confini. Anche il blasonato Una donna promettente di Emerald Fennell era un revenge movie dai toni agrodolci, The Woman King rielabora la Storia per scagliarsi contro le barbarie del colonialismo.

Women Talking – Il diritto di scegliere segue invece la via della parola. L’impostazione è teatrale, la vicenda per la maggior parte della sua durata si svolge all’interno di un fienile. Sarah Polley dirige con mano ferma, quella che va in scena è una battaglia. La bestialità e gli eventi restano all’esterno. Dai racconti delle protagoniste scopriamo di essere in una comunità religiosa che rifiuta il progresso. Siamo nel 2010, ma sembra un’altra epoca. Nei decenni sono state narcotizzate e stuprate a ripetizione. Il dibattito è se andarsene o rimanere e combattere.

Gli elementi più importanti sono fuori dalla vista, come nel bellissimo finale di Un condannato a morte è fuggito di Bresson. Il racconto si fa quasi tradizione orale, la brutalità è una consuetudine solo abbozzata dalle immagini. È come assistere a un processo in cui non possiamo scrutare i volti dei colpevoli. Si vedono gli effetti, ma mai le cause. Il pestaggio di Jessie Buckley da parte del marito ubriaco non è mostrato, a un certo punto compare con il volto tumefatto. Il sangue è una macchia nera. La fotografia è spenta, i colori tendono a sparire.

L’obiettivo è specchiarsi nell’anima delle vittime, cogliere il dolore, le emozioni massacrate. La tenerezza tra Rooney Mara e Ben Whishaw non si può concretizzare, perché appartengono a una dimensione dove tutto è violenza. La religione è uno strumento che serve a opprimere; il desiderio di elevarsi, di raggiungere la trascendenza, è affogato dalla follia, dal sopruso.

Polley è militante, ma rifiuta il comizio. L’assemblea diventa l’unico luogo sicuro, l’unico cerchio in cui è possibile ribaltare ogni convinzione maschilista e retrograda. Women Talking – Il diritto di scegliere è candidato a miglior film (e anche alla miglior sceneggiatura non originale), ma è forse il titolo di cui si è parlato meno in materia di statuette. Bisognerebbe riscoprirlo, per il suo pudore e per la volontà di affrontare temi duri con intelligenza. È tratto dal romanzo (del 2018) Donne che parlano di Miriam Toews, che già nel titolo suggerisce lo scontro tra passato e presente, come in un olio su tela.