Chicago, giorni nostri. Un colpo finito male, una banda di rapinatori uccisi. A raccoglierne “l’eredità” le rispettive mogli, capeggiate da Veronica Rawlins (Viola Davis), nelle cui mani finisce il prezioso taccuino del defunto marito (Liam Neeson), sul quale sono appuntati i dettagli della prossima rapina.

Sullo sfondo, le imminenti elezioni per il 18° distretto. A darsi battaglia sono Jack Mulligan (Colin Farrell), figlio del decano Tom (Robert Duvall), da una vita in carica ora fattosi da parte ma non per questo evitando di far sentire la sua ingombrante presenza, e il gangster nero Jamal Manning (Brian Tyree Henry), che proprio nei confronti di Veronica rivendica la sparizione di un paio di milioni di euro, andati in fumo nell’esplosione che ha messo fine alla vita del marito di lei.

Steve McQueen adatta per il grande schermo (coadiuvato allo script da Gillian Flynn) l’omonima serie tv UK ideata da Lynda La Plante (in onda nel 1983 e poi rifatta negli States nel 2002) e costruisce un heist-movie al femminile parecchio muscolare e ricco di tensione, ma sin troppo smaccato in alcune situazioni e al limite dell’inverosimile in altre.

A funzionare davvero è soprattutto la caratterizzazione di un rapporto, quello tra Veronica e Harry, il marito, che il film ci invita a scoprire in maniera retroattiva, incastonandone le dinamiche attraverso vari flashback che si insinuano nei momenti di maggior fragilità della donna, vedova ma non per questo irresoluta, dapprima totalmente (o quasi) all’oscuro dei traffici del consorte, ora capobanda di un terzetto (le altre due sono Michelle Rodriguez ed Elizabeth Debicki) a cui poco dopo si unirà anche la parrucchiera Cynthia Erivo, assoldata perché abile al volante.

Thriller dall’ottimo andamento, capace di intrattenere senza particolari cadute di ritmo, esaltato dalle notevoli sequenze più prettamente action (il montaggio alternato ad inizio film che contrappone le tenere effusioni tra Veronica e Harry al frenetico inseguimento che si conclude con quella spettacolare esplosione), Widows – in cui tra gli altri troviamo anche Lukas Haas e Daniel Kaluuya (già protagonista di Get Out), è il fratello sanguinario di Jamal – paga però pegno a causa di alcune scelte, sviluppi e intrecci il cui calcolo finisce per avere la meglio sulla credibilità stessa dell’intera narrazione.

Già dalla scelta della caratterizzazione delle tre protagoniste (un’afroamericana, una latinoamericana, un’immigrata polacca) è particolarmente evidente la volontà di McQueen di “infiltrare” connotazioni socio-politiche al suo film, di genere quanto si vuole ma pur sempre impegnato. In alcuni casi eccede (vedi la sequenza in cui scopriamo come morì il figlio adolescente di Veronica), in altri sottostà alla misandria neanche troppo strisciante che struttura l’intera operazione (non c’è una sola figura maschile positiva nel film), finendo per trasformare il tutto in un film dalla tesi tanto palese quanto prevedibile.