La musica è uno degli elementi cardine del cinema americano. Il vero cantore di una società sempre in movimento, di un Paese mai domo è Bruce Springsteen, capace di fondere le radici western di un popolo con la polvere delle metropoli. Lo sapeva Jonathan Demme nel 1993 con Philadelphia. Il Boss cantava Streets of Philadelphia, con cui ha vinto anche l’Oscar. Oggi l’esordiente Jim Cummings rende omaggio a Springsteen nella sua opera prima Thunder Road, ispirata dal grande successo che ebbe l’omonima hit nel 1975.

Inizialmente per Cummings Thunder Road era un cortometraggio, un lungo piano sequenza di un funerale, dove risuonano le note di Springsteen. Poi ha deciso di trasformarlo in un lungo. La canzone non c’è più per questioni di diritti, ma il titolo non è cambiato. La dicitura Born to Run (Nato per correre), l’album che contiene Thunder Road, ben si addice alle traversie del protagonista.

Cummings, regista e attore principale, rende il funerale un punto di partenza, proprio come aveva fatto nel 1984 Lawrence Kasdan con Il grande freddo. La leggenda vuole che nella bara all’epoca ci fosse Kevin Costner (poi tagliato al montaggio), qui invece a essere morta è la madre di Jim Arnaud, poliziotto, padre in crisi nel pieno di un divorzio, con difficoltà a gestire le emozioni e a relazionarsi con i suoi superiori. Gli elementi per una storia strappalacrime ci sarebbero tutti, ma Cummings cambia subito direzione, dimostrando di avere personalità. Unisce le sfumature tragiche ai canoni della commedia, costruisce una dramedy dai toni forti, che trasuda umorismo nero. L’obiettivo è disorientare, non dare punti di riferimento in una vicenda a tratti folle.

 

Già nei primi minuti la macchina da presa si incolla al corpo nervoso di Arnaud, che si dimena, prova a far funzionare una radio rosa davanti ai fedeli seduti in chiesa. Il movimento della cinepresa è delicato, si avvicina sempre più al suo viso, come se volesse aumentare l’intensità di quell’isteria, destinata a esplodere con l’andare dei minuti. A quel punto è facile ricordare le parole di Springsteen, che in Thunder Road invitava a lasciare tutto e a partire.

Ma Cummings non vuole far credere alle favole. Con una narrazione estrema, sottolinea l’importanza di affrontare la quotidianità, anche se ha risvolti disperati. Ribalta i crismi del cinema indipendente per creare qualcosa di alieno, a volte delirante, che punta il dito contro i benpensanti e mostra la parabola di un antieroe in cerca di redenzione. Lucidissimo nella sua ferocia. Thunder Road sarà disponibile dal 15 aprile in sala o in Vod.