Quando quattro anni fa Rama Burshtein portò a Venezia (allora in gara) il suo film d'esordio, La sposa promessa, fu una completa rivelazione: il milieu ultraortodosso con i suoi rituali e le sue regole, lo struggente romanticismo in una realtà di matrimoni combinati, la chimica felice tra attori scafati e altri esordienti, il tocco delicato di una regia capace di sondare il cuore dei personaggi con una facilità e una limpidezza ammirevoli, una concezione spaziale del cinema  - a partire dal titolo originale , Fill the Void - dove è tutto un gioco di prossimità e distanza, di conquiste e arretramenti.

Un nucleo poetico e tematico che è riconoscibile anche in Through the Wall - Un appuntamento per la sposa, dove la pratica delle nozze "al primo appuntamento" regala una nuova vulgata.  Stavolta a dover affrontare l'altare non è una giovane e timorosa donna chassidica indirizzata dai genitori, ma una già più avanti con gli anni, grintosa e simpaticamente lunatica.

Michal ha 32 anni e sta per convolare quando un mese prima del matrimonio viene mollata dal futuro sposo che le confessa di non amarla. Tragedia? Nient'affatto. L'indomita Michal decide ugualmente di andare avanti con i preparativi, confidando nell'aiuto di Dio e nella speranza di trovare un altro uomo da sposare entro la data fissata per le nozze.

Ancora una volta la Burshtein ci regala un personaggio femminile a tutto tondo, intenso e imprevedibile, magnificamente interpretato da Noa Koller, mentre flirta maggiormente con la commedia romantica e cerca il pubblico più di quanto non abbia fatto nel precedente.

Una rom-com riletta però sotto la luce della Grazia: in fondo lo sposo occulto di questo matrimonio col punto di domanda è Dio, cui Michal affida tutta se stessa, riponendovi ogni promessa, ogni speranza di completezza.

Come nella migliore tradizione chassidica, anche Through the Wall (torna il riferimento alla spazialità del mondo, del cinema) diventa un racconto parabolico sulla Fede, perché quel muro attraverso cui Michal dovrà passare è la scommessa con cui la donna si gioca tutta se stessa, quella credenza apparentemente infondata secondo cui la felicità tanto agognata - che altro non è se non autentica e totalizzante esperienza d'amore - non le verrà negata.

La qualità di una scrittura mai banale, puntellata da dialoghi del tutto impensabili oggi in una commedia, unita alla semplicità di una messa in scena tutta primi piani e piani medi, sintonizzata con la ritmica sentimentale dei personaggi, costituiscono il punto di forza di un film sì meno trattenuto del precedente, ma anche meno dirompente ed epifanico. E' il cruccio delle seconde nozze.