Heshmat, marito e padre esemplare, si alza molto presto ogni giorno. Dove va? Impossibile dirlo ai familiari. Pouya non vuole uccidere, ma deve farlo per obbligo di legge.

Il giovane Javad non sa che proporre un anello di fidanzamento alla sua amata non sarà l’unica sorpresa per il suo compleanno. Bahram è un medico che non è in grado di praticare medicina e decide di spiegare alla nipote in visita il motivo della sua vita da emarginato.

Le quattro storie raccontate in Sheytan vojud nadarad (There Is No Evil) offrono variazioni sui temi cruciali della forza morale e della pena di morte, ponendo la domanda centrale su fino a che punto la libertà individuale possa essere espressa sotto un regime dispotico e le sue minacce apparentemente inevitabili.

Mohammad Rasoulof crea un legame narrativo libero tra queste storie, che però sono tutte tragicamente e inesorabilmente connesse. Nel contesto dell’oppressione strutturale, la scelta sembra essere limitata alla resistenza o alla sopravvivenza.

 

Ma con ogni storia bruscamente interrotta, siamo costretti a riflettere come uomini e donne possano trovare il modo di affermare la propria libertà anche in situazioni estreme.

Giornalisti e fan alla Berlinale hanno accolto il film tra le ovazioni. In assenza del regista e critico del regime Mohammad Rasoulof. Rasoulof è stato condannato per il suo precedente A Man of Integrity, un film su corruzione e ingiustizia vincitore del premio Un Certain Regard al Festival di Cannes 2017, e non può lasciare l’Iran.

Con il suo nuovo There Is No Evil, in concorso a Berlino, gli è riuscito un tableaux equilibrato e solido sui dolori e dilemmi di una lotta morale impari tra responsabilità personale e assenza di libertà.

La maestria di Rasoulof questa volta è sottolineata da una camera che scruta con più attenzione, e da più vicino, i volti degli ottimi attori. Un film manifesto ben messo in scena e ispirato. Anche dall’ondata di esecuzioni di prigionieri politici iraniani che ormai sembra inarrestabile.

Amnesty International ha registrato i nomi di quasi 4.500 prigionieri scomparsi durante l’ultima purga, ma alcune stime arrivano a 30.000. Ancora oggi, secondo l’ultimo rapporto internazionale di Amnesty sull’Iran pubblicato il 18 febbraio, “decine di persone vengono giustiziate ogni mese dopo processi iniqui”.

Tra quelli giustiziati l’anno scorso c’erano diversi minorenni. Come riportato dall’Iran Human Rights Monitor, uno dei metodi di esecuzione preferiti dal regime è quello di mettere in scena impiccagioni utilizzando gru edili. La pellicola è già stata venduta in tutta Europa.