Parole, parole, parole… Non crediamo i due registi abbiano ascoltato Mina, anzi, ne siamo certi: altrimenti queste parole non sarebbero così al vento, tanto involute quanto pretenziose. Esordienti dietro la macchina da presa, gli sceneggiatori Brian Klugman e Lee Sternthal portano sullo schermo un progetto accarezzato e limato per 10 anni: speriamo nel frattempo abbiano fatto qualcos'altro... Comunque, dipaniamo la trama, perché tra scatole cinesi e struttura a incastro la testa può girare. E non solo quella.
Romanziere di successo, Clay Hammond (Dennis Quaid, strappato al museo delle cere) è sedotto da una bella e occhiuta dottoranda (Olivia Wilde): tra una moina e l'altra, uno sfoggio di cultura e l'altro, si vede “costretto” a svelare l'autentico significato del suo ultimo bestseller, The Words. Che racconta il divin mattone? La storia del folgorante esordio letterario di Rory Jansen (Bradley Cooper, con due espressioni: occhi rossi o meno), della sua mogliettina devota (Zoe Saldana, le manca tanto Avatar…) e del vero autore di quel romanzo. Già, non è farina del sacco del tormentato Rory, ma de Il Vecchio (Jeremy Irons, truccato da ridere), che soffrì per amore e tragica figliolanza nella Parigi del secondo Dopoguerra e riportò in bella copia.
Intrecciando mood cervellotico e superficiali mise en abyme,  Klugman e Sternthal (Tron: Legacy: buon sangue non mente…) confezionano l'elogio delle scatole di fuffa, dando la sensazione che la montagnola che avevano in testa abbia partorito il criceto sulla ruota. La riflessione cade sull'imperituro legame tra arte e vita, verità e finzione, ma cade male: per dirla con Shakespeare - Olivia Wilde gradirà… - tanto rumore per nulla. Consigliabile a chi ama il trash involontario e agli orfani di Charlie Kaufman. The Words è una sceneggiatura di Charlie Kaufman, senza Charlie Kaufman. E senza sceneggiatura.