In The Visit, una banalissima vacanza dai nonni di due ragazzini - sorella e fratello: lei dieci anni, lui otto – si trasforma in qualcosa di inaspettatamente eccitante.

La location, una fattoria della Pennsylvania, è già un indicatore di ambiguità, con i suoi spazi da scoprire, le cascine abbandonate, il bianco che ogni cosa copre, la neve che sparge dappertutto silenzio.

Due bambini ci vedrebbero la terra promessa  dei giochi, le corse e di altre mille avventure; due adulti la classica e minacciosa No Man’s Land americana, l’Ovest dei film dell’orrore.

Armati di camera digitale, i nostri due giovani protagonisti non ci vedono altro se non il set di un film documentario, che ha in nuce un elemento drammaturgico interessante: loro quei due nonni lì non li hanno mai conosciuti. Forse sarebbe stato meglio informarsi.

L’undicesimo film di finzione di M. Night Shyamalan è una rivisitazione della favola di Hansel & Gretel in chiave Paranormal Activity: claustrofobico, artigianale, (quasi) interamente costruito con la tecnica del found footage, è il tentativo del regista di tornare al territorio più congeniale del thriller, dopo le ultime deludenti prove mainstream (After Earth su tutte).

Si affida perciò al Re Mida del low-budget Jason Blum, per confezionare un prodotto più sicuro, sostanzialmente allineato agli standard della Blumhouse ma non completamente avulso dalla poetica dell’autore.

La paura è come altre volte figlia di dinamiche familiari sbagliate; la suspense è un disagio, un’improvvisa spaccatura tra reale e razionale; il colpo di scena è l’apice e il movente implicito di tutta la narrazione. La creatività ancora boccheggia, ma l’impasse è almeno camuffato da una ritrovata facilità di racconto e dal ricorso all’ironia: questi ragazzini che riprendono tutto e il contrario di tutto alla fin fine non vedono ciò che dovrebbero.

Licenza metalinguistica con cui Shyamalan rilancia la partita con lo spettatore – stai osservando bene? - e liquida al contempo l’ottusa scopofilia amatoriale del nuovo millennio (che, letteralmente, ricopre di m….). Già che c’è, ci butta dentro anche qualche falso indizio (gli alieni), a ricordo di antiche, insuperate passioni.

Salutare la leggerezza produttiva, azzeccato il decor, ispirato alle atmosfere lugubri dei quadri di Andrew Wyeth. Bene il cast (i piccoli Olivia De Jonge e Ed Oxenbould, gli inquietanti Deanna Dunagan e Peter McRobbie).

Resta il problema di fondo: The Visit promette brividi e regala qualche sussulto appena. Non lo chiameremo un ulteriore passo indietro nella carriera dell’autore ma nemmeno un deciso scatto in avanti. Il cammino è ripreso.  Basti questo. Fiducia fino al prossimo step.