Eran Riklis è un poeta del cinema israeliano. In pochi hanno saputo raccontare come lui le contraddizioni di un Paese, i dissidi interni, le sfide da affrontare sullo scacchiere internazionale. La sposa siriana era una storia “di confine”, sulle alture del Golan. Prevaricazioni politiche e famigliari, fanatismi, intolleranze: Riklis metteva in scena il dramma delle persone comuni, senza dimenticare una chiave ironica.

Geniale Il giardino dei limoni, dove il ministro della difesa voleva distruggere le piante della vicina di casa palestinese, perché pensava nascondessero dei terroristi (la stessa impostazione è stata ripresa anche da Ziad Doueiri ne L’insulto). La tragedia del Medio Oriente, narrata attraverso la caricatura di una nazione ancora in piena crisi identitaria. Forse era solo questione di tempo prima che Riklis decidesse di immergersi nella spy story. Lo aveva già fatto nel 2017 con Shelter, e oggi torna con Spider in the Web.

Gli intrighi sottobanco dei burocrati si raccontano negli scontri tra agenti segreti, nella contrapposizione tra normalità e spionaggio. Qui il regista abbandona Israele e sposta il campo di battaglia in Belgio. I nostri eroi sono dalla parte del Mossad, e devono indagare su un’azienda che forse sta producendo armi chimiche, per venderle ai siriani. Lo sguardo è ai modelli classici, e viene citato The Constant Gardener di John Le Carré. In effetti il protagonista Ben Kingsley potrebbe sembrare un incrocio tra Justin Quayle e il famoso George Smiley. Ma è molto complesso riproporre la lezione umanista dello scrittore.

Forse ora siamo più nel perimetro di Giochi di potere di Per Fly, quando Kingsley vestiva i panni dell’esperto “diplomatico – spia”, con un giovane ruspante che lo affiancava. Qui accanto a lui c’è il figlio di un vecchio amico, molto energico e sempre con la pistola a portata di mano. Tra i due non c’è molta alchimia, e anche la Bond Girl (vedi Spectre) Monica Bellucci viene utilizzata col contagocce.

Doppi, tripli giochi senza mordente, un colpo di scena finale abbastanza prevedibile. Forse quello che manca a Spider in the Web è proprio il ritmo, i tempi dettati da un genere che ha fatto la storia di ogni tipo di schermo. Non c’è la leggerezza, l’intelligenza delle grandi storie a cui Riklis ci ha abituato. E nell’uggiosa Anversa il rischio è di perdersi senza più ritrovarsi.

Ma a stupire è sempre Kingsley, attore dalla filmografia sterminata che continua a restare in prima linea. È lui il mattatore, il fulcro di ogni ambiguità, l’eroe oscuro dal cuore impavido. Affascina il suo destreggiarsi tra una minaccia e un rapporto amoroso, la sua versatilità nell’essere gregario e stella nello stesso momento. In un film che purtroppo non lo supporta abbastanza.