Dopo il documentario Ciao amore, vado a combattere, dedicato a Chantal Ughi, campionessa di Thai Boxe, Simone Manetti si concentra nuovamente su un personaggio femminile ribelli, che rompe schemi e convenzioni imposte dalla società. L’eroina del suo secondo lungometraggio è presente sin dal titolo, che è più di una dichiarazione d’intenti. Sono innamorato di Pippa Bacca, insomma, è già tutto qui.

L’8 marzo 2008, insieme all’amica e collega Silvia Moro, Pippa partì da Milano alla volta di Gerusalemme in autostop, percorrendo i paesi sconvolti dalle guerre. Vestite da spose, le due volevano dimostrare che solo riponendo fiducia nel prossimo si può costruire la pace.

Una performance artistica e civile interrotta tragicamente con la morte di Pippa, stuprata e uccisa in Turchia da un uomo che le aveva dato un passaggio. La rievocazione di una tale biografia, lo capiamo, è a forte rischio di celebrazione retorica. Manetti la elude, intrecciando i materiali di repertorio (le riprese fatte dalle due spose in viaggio) con interviste alla stessa Moro, alle sorelle e alla mamma di Pippa Bacca.

La corale femminile ha l’obiettivo di restituire la complessità del progetto artistico. Lo fa seguendo di strade. Da una parte, si serve dei frammenti rivelatori dell’esperienza sul campo. Dall’altra, accarezza l’intimità di un lessico famigliare capace di offrire coordinate private utili a misurare il discorso pubblico.