Dopo avere lasciato il segno con il pluridecorato The Wolfpack, Crystal Moselle torna dietro la macchina da presa con Skate Kitchen, il cui baricentro drammaturgico attinge nuovamente all’universo giovanile e alla realtà.

A quest’ultima, la regista ha voluto affiancare una costruzione a tavolino che ha trasformato l’opera in una docu-fiction dove l’elemento di finzione ha preso il sopravvento.

La cineasta di San Francisco ha di fatto modificato il suo modus operandi, facendo suo il vero per poi metterlo al servizio della storia romanzata di una ragazza alla scoperta di se stessa e dell’importanza dello spirito di squadra in un mondo ancora dominato dalla figura maschile.

 

Amori, tormenti, estasi, conflitti familiari e sentimentali alimentano le pagine dello script come nel più classico dei teen movie, con le emozioni che trasudano dai frame, tanto nelle sfide della vita di tutti i giorni fuori e dentro le mura domestiche, quanto in quelle che l’universo dello skateboard sottopone di volta in volta alla protagonista e alle sue compagne.

Non mancano, infatti, una serie di evoluzioni sulla tavola a rotelle di forte impatto, capaci di riportare alla mente quelle di Dogtown and Z-Boys.