Una lacrima solca il viso di Catalina Sandino Moreno e prima di toccare terra si trasforma in una pallottola.

John Woo è tornato, con il suo stile inconfondibile (non scalfito dai 77 anni d'età), capace di unire il lirismo alla violenza estrema.

L'incipit del suo nuovo film, Silent Night, è straordinario: maglione natalizio con renna annessa, Joel Kinnaman, mani insanguinate, corre trafelato per la strada. Sta scappando o sta rincorrendo qualcuno, qualcosa?

Revenge movie dalla struttura canonica, action senza esclusione di colpi, il film del regista hongkonghese – che torna a girare negli States 20 anni dopo Paycheck – sorprende però per una scelta, se non totalmente rivoluzionaria, quantomeno coraggiosa e in controtendenza rispetto ai canoni del genere: dopo l'inseguimento iniziale, il protagonista viene colpito da una pallottola alla gola. Non muore, ma dopo il ricovero resta muto: ecco, Silent Night – titolo che si rifà al giorno in cui tutto inizia e a quello in cui tutto si conclude (la Vigilia di Natale in cui si compie la tragedia e quella dell’anno successivo, che chiude il percorso di vendetta del protagonista) – è un film totalmente “muto”, privo di dialoghi, dove a farla da padrone sono le immagini e i suoni di contorno.

È la scommessa (vinta) del regista di Hard Boiled e Face/Off, che esalta così in questo modo le numerose sequenze di inseguimenti e sparatorie, ma non dimentica gli aspetti più atroci e strazianti, anche commoventi, dell’intera vicenda.

Il personaggio di Kinnaman esce dall’ospedale e, noi con lui, incominciamo a capire il perché di quell’inseguimento iniziale: la sua vita, e quella della compagna, è stata travolta dalla fatalità, da una pallottola vagante durante una sparatoria tra gang che ha colpito il loro bambino mentre giocava in giardino.

Tornare indietro è impossibile, la ragione dice questo, ma la mente dell’uomo è ormai settata solo su uno scopo, quello della vendetta. E, per questo, perderà anche tutto il resto.