1895-1945, Taiwan è sotto la dominazione giapponese: accanto alla maggioranza di cinesi Han, nelle zone montagnose risiedono delle tribù aborigene, attaccate alle proprie tradizioni, gli spazi di caccia e gli antenati. Soprattutto, gli antenati: scoccata l'ora estrema, avrebbero guidato gli spiriti di questi eroi della tribù (Seediq Bale) attraverso un arcobaleno fino alla vetta della montagna…
Sul monte Chilai, uno dei capi, il più rappresentativo, è Mouna Rudo: nel 1930 si coalizza con altre tribù per ribellarsi al giogo nipponico, reo di aver violato la cultura, la religione, l'educazione e la dignità stessa dei Seediq . L'attacco alla cittadina di Wushe è fulmineo, ben pianificato e sanguinario: a terra rimangono ufficiali, poliziotti e gente comune, travolti dalla furia di questi guerrieri tatuati, destinati a marciare vittoriosi sul ponte dell'arcobaleno. Ovvero, a morire in battaglia o – soprattutto, le donne e i bambini - suicidi, perché la risposta nipponica non lascerà loro scampo: aerei col gas tossico, cannoni e migliaia di soldati a fronte dei 300 o poco più guerrieri Seediq.
Missione suicida, dunque, e non solo per gli annali della storia: il kolossal del taiwanese - già recordman al box office nazionale con Cape No. 7 - Wei Te-Sheng Seediq Bale (Warriors of the Rainbow) è uno sgangherato carrozzone, che insieme alla noia e altri sentimenti inconfessabili suscita tenerezza e simpatie terzomondiste, almeno per la fattura. Perché sono 25 i milioni di dollari di budget, ma si fatica a vederli: gli effetti speciali (chiamiamoli così) sono da Commodore 64, il CGI fa rimpiangere la cartapesta dei peplum, mentre poeticamente e stilisticamente si trova la crasi ipotecnologica di Avatar e Apocalypto
Sventato più che coraggioso, dunque, l'inserimento in concorso di Venezia 68, perché c'è un altro problema: questi Seediq Bale, prevalentemente interpretati da non professionisti, quali il possente e stolido Lin Ching-Tai di Mouna Rudo, lottano, uccidono, barcollano ma non mollano mai, con uno spirito guerrafondaio degno di altri Reich. Insomma, empatia e immedesimazione sono lontani anni luce: complice il mix di action e lirismo canterino, stasi “psicologica” e  furore maschio (e un filo sessista-paternalista), il rischio conclamato è di ritrovarsi a fare il tifo per l'estinzione dei Seediq Bale.