Appennino tosco-emiliano, inverno del 1944. Un manipolo di genieri della Forza di Spedizione Brasiliana - una brigata che combatté il secondo conflitto mondiale a fianco degli Alleati contro l’Asse, - è incaricato di individuare uno dei principali campi minati tedeschi disseminati lungo la Linea Gotica. Quando però una mina esplode uccidendo due membri del gruppo, il piccolo reparto si lascia cogliere dal panico e sbanda.

Assediati dal gelo cui non sono abituati e frustrati dalla logica di una guerra che non è la loro, i militari brasiliani superstiti decidono comunque di proseguire la missione, alla ricerca del campo minato posto in prossimità della strada 47, l’ultimo ostacolo che blocca i collegamenti fra le truppe statunitensi e le forze partigiane. Al gruppo di brasiliani, infine, si uniranno anche un ex-repubblichino intenzionato a passare alla Resistenza (il nostro Sergio Rubini, sempre efficace), e un ufficiale tedesco ferito, in fuga dalla guerra.

Il film del brasiliano Vicente Ferraz indaga su un episodio poco noto di tutta la Seconda Guerra Mondiale, vale a dire la partecipazione del Brasile al conflitto sul suolo europeo, nella fattispecie quello italiano, e ha l’intelligenza di porsi sulla prospettiva dei singoli, di uomini giovani e intensi catapultati in un altro mondo, nell’inferno di una guerra che non riescono a comprendere, ma di cui pian piano riconosceranno la necessità dinanzi alle sofferenze della popolazione italiana.

Ferraz ha le idee chiare su come dirigere un film scabro e antiretorico, e lo dimostra adoperando un rigore formale ineccepibile, tanto nella scelta delle inquadrature quanto nella direzione calibrata degli attori, evitando eccessi da spettacolone guerresco e puntando all’essenzialità. Notevole, infine, la figura del soldato-narratore Guima, il cui temperamento contemplativo è speculare, se non in magniloquenza quantomeno in spirito, all’indimenticabile soldato Witt del malickiano La sottile linea rossa.