Stati Uniti, giorni nostri. Sospettato di essere un terrorista, Anwar El-Ibrahimi (Omar Metwally), ingegnere chimico di origine egiziana, viene sequestrato da alcuni agenti federali, portato in Medioriente e sottoposto a spietato interrogatorio. Tra gli aguzzini c'è Douglas Freeman (Jake Gyllenhaal), analista della CIA divenuto operativo per la morte di un collega, che mal tollera le torture inferte a Anwar. Nel frattempo, Stati Uniti, Isabelle El-Ibrahimi (Reese Witherspoon), ignara della sorte del marito, inizia una disperata ricerca, coinvolgendo l'assistente di un senatore (Peter Sarsgaard) per arrivare fino alla responsabile delle extraordinary rendition (i sequestri di presunti terroristi, poi detenuti e interrogati in prigioni Oltreoceano, organizzati dalla CIA) Corinne Whitman (Meryl Streep). Premio Oscar nel 2006 per Tsotsi, il regista sudafricano Gavin Hood sbarca a Hollywood per raccontare il terrore della guerra al terrore, complice un cast - sulla carta - di assoluto valore artistico: Jake Gyllenhaal, Reese Witherspoon, Meryl Streep e Peter Sarsgaard. Da loro, la prima nota dolente: Gyllenhaal indulge nel chiaroscuro soffuso richiesto dal personaggio fino a risultare sbiadito, la Witherspoon è mogliettina combattiva poco credibile, mentre la Streep ha spazi di manovra troppo angusti per lasciare il segno. Auspicabili e pregevoli le intenzioni umanitarie e socio-politiche del film, tuttavia la sceneggiatura le combina, riduce e condensa in un collage dalla tessere scolorite: poco incisivo il j'accuse di fondo, l'"antagonismo" viene tarpato da una regia scolastica, mentre il coté politico si perde nel "meccano" narrativo di Hood e dello sceneggiatore Kelley Sane. Se la costruzione a intreccio/incastro pare oggi la via d'elezione drammaturgica per l'impegno civile su grande schermo, gli esiti possono essere sicuramente migliori: rispetto a Rendition, il "gemello" Syriana riacquista splendore. Pazienza, se il pubblico reagisse positivamente, accorrendo in massa ai botteghini e "prendendo coscienza", ogni distinguo critico cadrebbe nel vuoto. Ma sono considerazioni a latere, alla prima trasferta hollywoodiana Gavin Hood manca il bersaglio, sacrificando alle esigenze dello spettacolo - almeno ci fosse, poi… - la denuncia e cullandosi i bei nomi del cast, senza pretendere da loro alcunché. Anche a Hollywood avvengono extraordinary rendition…