Nel 2015 Julien Leclercq realizzò Braqueurs (Rapinatori), film ospitato poi da Netflix per qualche tempo. Attualmente non più presente in catalogo, Rapinatori si è trasformato però in una serie (prima stagione nel 2021, la seconda disponibile da qualche settimana): fermi restando la muscolarità dell’opera e il protagonista (Sami Bouajila), il prodotto seriale si discosta dal film prototipo per molte altre cose.

In primo luogo l’ambientazione, lì eravamo in Francia, qui siamo in Belgio, poi il nome del personaggio principale, lì era Yanis qui Mehdi, oltre a tutto il resto della banda (altri attori, altri nomi) e all’infinito stuolo di criminali, trafficanti, con relativi alberi genealogici, che vanno ad abitare questi 6+6 episodi del format, ancora diretto da Leclercq e co-ideato con Hamid Hlioua.

Dopo un ottimo colpo messo a segno, Mehdi è costretto a rimediare ad una stupidaggine commessa dalla nipote Shaïnez (Sofia Lesaffre) insieme alla compagna Liana (Tracy Gotoas): le due hanno sottratto 8 chili di cocaina alla persona sbagliata, Saber Djebli (Salim Kechiouche), che per riavere il maltolto fa rapire Shaïnez.

Rapinatori - @ Courtesy of Netflix
Rapinatori - @ Courtesy of Netflix

Rapinatori - @ Courtesy of Netflix

È solamente l’inizio di un’odissea che minuto dopo minuto andrà a moltiplicarsi nel dedalo di intricati meccanismi: la forza di Rapinatori - La serie è proprio in questa estenuante, potenzialmente infinita marea entro cui nuotano contemporaneamente pesci grossi e pesci piccoli, bande rivali, famiglie le cui dinastie malavitose fanno guerre sia all’esterno sia all’interno, fino ad arrivare - nella seconda stagione - alla comparsa di un letale cartello venezuelano deciso ad impadronirsi del porto di Anversa per trafficare tonnellate di cocaina .

Le linee narrative si sovrappongono, si intersecano, Mehdi - che inizialmente aveva solamente una sorella e la figlia di lei, Shaïnez appunto, si ritrova lungo il cammino fianco a fianco con Liana, mentre il potere dapprima incontrastato dei Djebli inizia a prestare il fianco a clan rivali (quello del trafficante Chris) e alle macchinazioni interne per gestire il passaggio di consegne una volta che il padre condannato e latitante passerà a miglior vita, o in galera.

Le incongruenze, è inevitabile, non mancano, ma è un rischio che Rapinatori si prende anche consapevolmente: ogni episodio è talmente sovraccarico di azioni e reazioni, di parole d’onore e voltafaccia improvvisi che francamente diventa quasi impossibile andare a cercare il pelo nell’uovo di una sceneggiatura che, qui e là, dimentica qualche cosa per strada.

Quello che conta davvero è il grado di coinvolgimento che la serie riesce ad ottenere: tra strategie da mettere in atto, perlustrazioni affidate a droni, rapine da compiere per stabilire nuove gerarchie in termini di trattative da portare avanti, il piacere della visione è non solo garantito ma continuamente sollecitato ad andare avanti. Naturalmente sarà una carneficina, solamente in pochi - da una parte e dall’altra (ma attenzione ai nuovi sodalizi della seconda stagione...) - rimarranno in piedi. E quel piccolo aereo pronto al decollo suggerisce che la questione potrebbe ancora non essere del tutto conclusa...