Un po’ sequel e un po’ remake, Quel pazzo venerdì, sempre più pazzo non fa niente di diverso da ciò che promette. Ripete lo schema del film originale – che, oltre a essere una nuova versione del romanzo A ciascuno il suo corpo di Mary Rodgers, era a sua volta la rivisitazione di Tutto accadde un venerdì, classico Disney degli anni Settanta – e lo ingarbuglia per il solo gusto di mischiare le carte e innescare equivoci. Mantiene il sottofondo malinconico che ha a che fare con il dialogo e le conflittualità tra genitori e figli – e con un lutto da elaborare – mettendo in campo l’orizzonte emotivo e i rituali di un’altra generazione, la Zeta.

Non è un caso che in sede di sceneggiatura ci sia Jordan Weiss, sì autrice della serie Dollface che esplorava l’amicizia femminile e della rom-com post-teen Sweethearts, ma soprattutto nata nel 1993. È una scelta astuta affida la sceneggiatura a chi, nel 2003, faceva parte del target di riferimento di Quel pazzo venerdì. Perché nel progetto non c’è solo il desiderio di un sequel per poter avvicinare un nuovo pubblico ma soprattutto l’omaggio a quel film, un’operazione di fanservice per millennial ormai cresciuti.

E che dovrebbero empatizzare con la quasi quarantenne Lindsay Lohan, mamma single che ha messo da parte le ambizioni da rockstar per diventare una sorta di manager musical: innamoratasi a prima vista di un affascinante chef di origini filippine (il casting è sicuramente inclusivo di quanto fosse all’epoca), decide di sposarlo nonostante le rispettive figlie, compagne di scuola, si detestino cordialmente. Lohan ha anche qualche scintilla con sua mamma, l’affettuosa psicoterapeuta Jamie Lee Curtis e quindi, complice una cartomante nascosta in una stanzetta segreta, ecco il meccanismo del body swap si moltiplica: Lohan si scambia con sua figlia e Curtis con la figlia dello chef, complicando le cose per sistemare tutto.

© 2025 Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved.
© 2025 Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved.
(L-R) Lindsay Lohan as Anna Coleman and Jamie Lee Curtis as Tess Coleman in Disney's FREAKIER FRIDAY. Photo by Glen Wilson. © 2025 Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved. (Glen Wilson)

Quel pazzo venerdì, sempre più pazzo coccola chi c’era vent’anni fa o chi ha scoperto la storia nel corso del tempo, ma non sembra così centrato nel seguire le peripezie delle adolescenti. Sì, è una fiera nostalgica che recupera l’estetica dei tv movie di Disney Channel, replica modelli senza troppa fantasia e lavora con l’usato sicuro: la struttura è esattamente la stessa, perfino tutta la parte finale (l’unica differenza è il ruolo degli anziani, non più ridotti a nonni con un principio di demenza senile ma figure attive e dinamiche), ma c’era metodo migliore per portare a casa il risultato?

L’unico brivido è dato dalla dimensione metalinguistica di Curtis e Lohan: i loro personaggi sembrano coscienti di essere dentro un revival (l’impatto con la cartomante è del tutto posticcio e smaccato), ammiccano spudoratamente al pubblico e si divertono divertendosi. Soprattutto la spumeggiante Curtis (anche produttrice), una delle figure più interessanti dello star system per la consapevolezza di essere un’icona (quante possono essere scream queen, commedianti e premi Oscar?), il carisma anticonvenzionale (la nepobaby che a sessantasei anni si prende gli spazi per vendicare i genitori messi da parte dal sistema), la sfida all’ageismo (l’autoironia sugli acciacchi ma anche la desiderabilità, come nei siparietti con Chad Michael Murray, il cui ritorno in scena è completamente gratuito ma indispensabili in un contesto così retromaniaco).