La sera del 13 novembre 2015 Parigi è attaccata su più fronti. Dalle esplosioni allo Stade de France mentre la nazionale era impegnata in amichevole contro la Germania, poi alcune sparatorie in almeno tre diversi arrondissement, infine la strage più sanguinosa, quella del Bataclan, durante un concerto. 130 i morti, oltre 400 i feriti.

Cédric Jimenez torna Fuori Concorso a Cannes un anno dopo il muscolare Bac Nord con Novembre: se allora il motivo d’ispirazione fu il reale scandalo che coinvolse la squadra anticrimine di Marsiglia, stavolta il regista francese si concentra sulla Sdat, la sottodirezione al terrorismo, chiamata ad un dispiegamento di forze mai visto prima per assicurare alla giustizia i responsabili materiali di quell’attacco.

Interpretato da Jean Dujardin, Anaïs Demoustier, Sandrine Kiberlain, Lyna Khoudri, il film non mostra frontalmente gli attacchi dei terroristi – raccontati come prologo sempre dal punto di vista di chi, in quel momento, viene richiamato all’ordine dalla gravità della situazione – e si focalizza sui cinque giorni successivi il tragico evento.

Meno spettacolare del precedente lavoro di Jimenez, Novembre è resoconto dettagliato (anche romanzato, ovviamente) dell’indagine che portò al tentativo di cattura del terrorista belga di origini marocchine Abdelhamid Abaaoud e due suoi due complici, Chakib Akrouh e Hasna Aït Boulahcen, tutti morti la notte del 18 novembre.

Serrato nei dialoghi (anche troppo) e mosso da un’urgenza se vogliamo comprensibile ma che non sempre agevola la tenuta, Novembre paga paradossalmente anche dazio per alcune scelte di casting rivedibili, vedi il "divismo" di Dujardin applicato ad un film dove per funzionare servirebbe altro.

Nonostante ciò, è invece apprezzabile la scelta di spogliare di qualsiasi pregresso e di qualunque appiglio privato la natura di ciascun personaggio: quello che conta è l’inchiesta, l’apnea di quei 5 giorni che poi portarono all’arresto di altre numerose persone con il processo ancora in corso, che dovrebbe terminare nell’estate di quest’anno.

Non sappiamo davvero nulla di questi agenti, ed è giusto che sia così, perché Jimenez li vuole cogliere in un momento specifico, dove tutto il resta non conta, neanche dormire. Ed è una scelta che va di pari passo con quella di rendere il meno “spettacolare” possibile un racconto che parte da uno dei momenti più dolorosi della storia recente francese.