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Non è mai un’espressione felice né particolarmente originale, quella del “film scomodo”, e tuttavia per Non odiare non appare affatto fuori luogo.
Unico italiano (in coproduzione con la Polonia) in concorso alla 35esima Settimana Internazionale della Critica a Venezia 77, l’esordio di Mauro Mancini dimostra anzitutto un bel coraggio nel toccare i nervi scoperti di un’Italia per sempre ostaggio del proprio passato.
Italia, sì, ma sarebbe meglio dire Europa: ecco (finalmente) una storia che parla una lingua comprensibile a un intero continente, una cronaca italiana – per di più ambientata nel nord-est italiano – che nel suo essere del tutto aderente alla realtà locale sa travalicare i confini nazionali per dialogare con chi si trova dall'altra parte.
Per di più, Mancini riesce a costruire un racconto davvero contemporaneo (sarà anche per la fredda fotografia curata dallo sguardo “altro” del polacco Mike Stern Sterzyński?) che incrocia due temi – ma non è un “film a tema”, per fortuna – generalmente non rappresentati dal nostro cinema: la recrudescenza nazista tra i giovani e la borghesia ebraica che vive nel dolore perenne di una ferita mai rimarginata.
In questo senso è indovinata la scelta di collocarsi in un orizzonte geografico e culturale dalle atmosfere un po’ mitteleuropee dove questi due mondi convivono quasi ignorandosi: si riconosce una Trieste (che accoglie una delle maggiori comunità ebraiche italiane) più indifferente che inospitale, ma nel clima teso e cupo di questa città di frontiera si percepisce un paesaggio che trascende le coordinate per farsi crocevia continentale.
Come se vivessero in un perenne e assurdo conflitto, nostalgici nazisti dediti alla religione della violenza soffiano sul fuoco pronti a eliminare quegli ebrei che si sentono quasi colpevoli di esser nati dopo l’Olocausto.
Raramente un film italiano riesce a intercettare situazioni del genere: a Mancini e allo sceneggiatore Davide Lisino il merito di aver colto in un fatto di cronaca avvenuto in Germania la miccia per scandagliare in un racconto di fiction una tensione sociale che col tempo si fa sempre più allarmante.