Per fare un film che parli di guerra e ne mostri le conseguenti brutture, non è necessario avvalersi di immagini mutuate dalla cronaca più sensazionalistica, spesso volta a far struggere chi le osserva senza far riflettere.

Talvolta si possono invece rappresentare gli effetti rovinosi di un conflitto assumendo un punto di vista che diviene frutto della volontà di essere portavoce di qualcosa al di là della pura cronistoria, scegliendo di ricorrere a toni e strutture non convenzionali per la tematica scelta.

Nezouh - Il buco nel cielo di Soudade Kaadan (nella sezione Orizzonti di Venezia 2022) si colloca perfettamente nelle larghe maglie di un raccontare immaginifico ed insieme saldamente concerto di un messaggio che deve essere manifestato.

Nezouh - Il buco nel cielo - La regista Kaadan Soudade - (c) Julien Chavaillaz
Nezouh - Il buco nel cielo - La regista Kaadan Soudade - (c) Julien Chavaillaz

Nezouh - Il buco nel cielo - La regista Kaadan Soudade - (c) Julien Chavaillaz

Nella Damasco vessata dalla guerra civile siriana, tra le pochissime famiglie ancora rimaste nel mezzo delle rovine della città assediata, vi è quella dall'adolescente Zeina ancora nella propria abitazione con la speranza di potervi continuare ad abitare. Ostinato ottimismo perpetrato dal padre Motaz, il quale si mostra cocciutamente deciso a rimanere, ignorando qualsivoglia segno di distruzione apponendo labili toppe alle crepe sempre più visibili. In contrapposizione, sua moglie Hala e la figlia Zeina, desiderose di fuggire dal terrore verso l’Europa.

Nell’attimo in cui una bomba aprirà un buco nel soffitto della camera di Zeina, risparmiando a tutti la vita, la smania di andarsene si farà più impellente. Fino al quel momento inconsapevole della realtà circostante, Zeina potrà scorgere finalmente il mondo esterno, dal quale rimarrà attratta, anche grazie al contatto con Amer, il giovane vicino che le lancerà la corda per farle finalmente vedere il cielo terso della notte senza bombardamenti, tramutandolo nella mente come un’immensa distesa d’acqua dove potevi immergere.

Nella commistione tra delicato dramma ed immagini che trascendono la realtà, con la guerra che fa capolino rimanendo struggente cornice, il film si concentra sulle difficili dinamiche familiari in cui una risoluta femminilità assume le redini del racconto.

Nezouh - Il buco nel cielo, infatti, è principalmente un percorso di formazione femminile ed adolescenziale di una quattordicenne e della madre verso un futuro libero da costrizioni imposte. Sarà letteralmente lo squarcio provocato dal bombardamento, la fenditura attraverso la quale Zeina, ed Hala, riusciranno a intravedere la possibilità di fuggire da quella che non considerano più la dimora dove sentirsi al sicuro, ma che iniziano invece a percepire come la materializzazione delle catene dell’opprimente cultura maschile, impersonata dal padre/marito, esempio di repressione camuffata da amorevole protezione.

Il predominio patriarcale di Mutaz è finemente nascosto dietro al pretesto della difesa dalla brutalità del “fuori” ed espresso da azioni che hanno come obiettivo il tenere a sé le donne, imprigionandole nel “dentro” apparentemente meno temibile. Mentre le mura vengono distrutte, l’uomo fa di tutto per ricattarle emotivamente, perpetrando una normalità quotidiana ormai inattuabile. Dalla presa di coscienza di madre e figlia, nella Siria occupata, ha inizio il percorso rivoluzionario di emancipazione e speranza. Zeina, nonostante la giovane età, riuscirà a non farsi sopraffare da un destino inevitabilmente segnato, trovando nell’immaginazione e nella fantasia la forza necessaria. La missione sarà quella di raggiungere il mare percepito come mezzo salvifico per intraprendere un moderno viaggio di Ulisse, inteso non come allegoria di lontananza dell’uomo dalla patria, bensì come unica opportunità di salvezza per cercare una nuova casa. Fuga reale verso la libertà e al contempo ideale dalla sopraffazione di genere.

L’opera seconda della regista Kaadan (nata in Siria e vissuta in Francia), dopo l’ottimo esordio Il giorno che ho perso la mia ombra, presentato a Venezia e vincitore del premio per la Miglior opera prima nel 2018, è il racconto della questione siriana in chiave quasi tragicomica, in bilico tra dramma e ironia, con lo speciale apporto di idee surrealiste e simboliche che, unite al realismo degli eventi, creano un interessante e delicato ibrido.