Never Gonna Snow Again è un film complesso, a tratti ardito, di sicuro ermetico. Proviamo a scomporlo. Un quartiere di ricchi in Polonia dove si entra solo superando una sbarra, un mondo in miniatura. I registi Małgorzata Szumowska e Michał Englert lo rendono il loro piccolo universo.

Il guardiano ride delle sventure degli altri, ma al tempo stesso si rivela socievole. La moglie di un malato di cancro cerca nuove avventure, la società è dominata dall’ipocrisia, a cui si aggiungono la guerra (il soldato in pensione), la solitudine (la donna che tratta i suoi cani come persone), la droga (la produce addirittura un ragazzino), l’alcolismo (una madre in crisi), l’arroganza data dallo studio. Le case sono bianche, come la neve che non cadrà più e la cenere di Chernobyl, dove è nato il protagonista. Zhenia è un massaggiatore, arriva tra loro come un angelo senza legami.

Potrebbe sembrare Teorema di Pasolini, ma invece è il suo opposto. Lui non appare per tentarli, ma vuole essere il supereroe. La salvezza, per Szumowska ed Englert, passa attraverso il contatto, quando oramai ovunque si raccomanda la lontananza. Siamo sospesi tra materialismo e spiritualità, in una storia di domande senza risposta. L’inconscio è rappresentato da tonalità scure, la realtà ha colori luminosi. Ma sembra una provocazione, un ribaltamento dei canoni.

Never Gonna Snow Again è una questione di prospettive, come spiega anche una cliente a Zhenia. Davanti ai due è appesa un’opera d’arte moderna: una serie di cerchi concentrici con un punto nel mezzo. Lui vede i cerchi, lei il punto. Ma con una giusta dialettica, anche Zhenia può arrivare a focalizzarsi sul punto. Potrebbe essere la chiave di lettura della vicenda.

La storia stratificata offre più interpretazioni, più sfumature. La vista può solo ingannare, come ci viene mostrato nel gioco di magia verso il finale. L’obiettivo è sradicare le certezze, creare un’allegoria misteriosa, a volte impenetrabile, che parte dalla modernità, dalla ricerca spasmodica di tutto ciò che è “super”.

Non è la prima volta che Szumowska mette in scena improvvisi squarci surreali. In Corpi, un uomo morto se ne andava con le proprie gambe dopo essere stato impiccato. Il fascino è in un’idea di cinema fuori da ogni convenzione, che per certi versi si avvicina ai film del francese Leos Carax, anche se le scelte di Szumowska sono meno radicali. Never Gonna Snow Again è indefinibile, non è per tutti. Rifiuta le regole, crea dibattito, spinge a schierarsi durante l’epoca dell’omologazione. E basterebbe già questo per sostenerlo.