In Mr. Holmes di Bill Condon, il celebre investigatore nato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle è in pensione e passa le sue giornate in una tenuta di campagna, coltivando il suo hobby per l’apicoltura che sta trasmettendo anche al piccolo Roger, il figlio della padrona di casa.

Presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Berlino, è un film che funziona a metà: se il copione, firmato da Jeffrey Hatcher ma ispirato a un romanzo di Mitch Cullin, soffre di eccessiva ridondanza e di qualche momento di stanca, di tutt’altra caratura è la notevole caratterizzazione del protagonista.

Distante dall’immagine classica con cui è stato solitamente rappresentato, Holmes viene qui descritto in tutta la sua umanità, fatta di paure comuni e vicissitudini quotidiane, lontana dagli stereotipi che hanno reso leggendaria la sua figura.

Efficace, in questo senso, la bella sequenza in cui va al cinema e scuote la testa di fronte al se stesso riflesso sulla pellicola: alla pipa, dice lui stesso, preferisce un buon sigaro e il cappello che porta il “suo personaggio” gli appare soltanto buffo e inadeguato. Condon svolge il suo compitino senza rischiare troppo, mentre Ian McKellen risulta semplicemente perfetto.