Opera prima di Mariama Diallo, Master offre uno spaccato sullo stato del razzismo in America attraverso il prisma del thriller senza rinunciare a venature horror. Non è una novità che il genere si presti a veicolare un discorso allegorico; l’elemento interessante è che per farlo sceglie un contesto, l’Accademia, che di per sé costituisce una chiave d’accesso grazie a cui comprendere i rapporti di forza interni alla nazione.

Master si concentra su tre afroamericane che entrano a vario titolo in un’università d’élite, storicamente frequentata da wasp e guidata da uomini. La prima è una docente appena promossa – appunto – master di una residenza per studenti, prima donna nera a ricoprire il ruolo. La seconda è una matricola che deve scontrarsi con la diceria secondo cui la sua nuova stanza è infestata dai fantasmi. La terza è una professoressa accusata dalla seconda di razzismo in classe. Alla prima spetta il compito di rimettere ordine, mentre lo “spirito” dell’università sembra remarle contro.

Sono utili, agli occhi di noi spettatori europei, film come Master, cartine di tornasole che esplorano vulnus della società americana dall’interno, affrancandosi dalla comodità descrittiva per collocarsi su un piano più metaforico e mettersi dunque in dialogo anche con chi non ha molta confidenza con un certo tessuto culturale.

REGINA HALL and AMBER GRAY star in MASTER Photo: Courtesy of Amazon Studios                          © AMAZON CONTENT SERVICES LLC
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Nel contesto di uno spazio chiuso ed elitario che desidera presentarsi aperto e progressista per non restare indietro, Diallo declina il razzismo all’altezza dei rapporti di classe: la professoressa è una nera diversa dall’iconografia più facile, la master accusata di essere una privilegiata che si approfitta della posizione di “prima donna”, i fantasmi che turbano la studentessa sono immagini chiaramente simboliche di una comunità che respinge la presenza “intrusa”.

Con non poca fatica, Master si giostra tra politico e soprannaturale, women’s film e discorso civile, personaggi ridotti a funzioni e attrici in grado di dare consistenza alle figure. È molto intrigante che Diallo abbia voluto misurare l’urgenza dell’esordio a un racconto così multiforme, ma l'ambizione sembra imbrigliarla e il film ogni tanto sembra avere il fiato corto.