In un mondo in cui Love actually - L’amore vero è il film che continua a essere visto dal 2003, in ogni nazione durante il periodo più magico dell’anno e la storia d’amore sullo sfondo di una Notting Hill bianca e surreale persiste nell’immaginario di donna e uomo che crede nell’amore vero, non c’è da stupirsi se quest’anno per San Valentino le sale cinematografiche ci viziano con un’altra commedia sentimentale per sognare ancora un po’.

La celebre scena della pellicola di Richard Curtis della dichiarazione d’amore attraverso alcuni cartelli in sequenza, sembra essere da spunto per la regista Kat Coiro che fa iniziare questa strana relazione tra due soggetti molto diversi tra loro, con una scritta su un cartellone: Marry Me; da qui prende il titolo questo film.

Questa volta però sullo schermo non appare alcun Hugh Grant, Liam Neeson o Julia Roberts; solo una Jennifer Lopez smagliante più che mai in una sorta di versione metaverso di sé stessa, mostrando agli occhi di tutti la sua vita da star grazie alla realtà virtuale, condivisa tramite internet, che spopola al giorno d’oggi.

L’Avatar di J.Lo è Kat Valdez, una donna di successo che sta per sposarsi con Bastian, interpretato da Maluma, una stella della musica reggaeton altrettanto famosa, formando la coppia più acclamata e virale dei social.

E forse è proprio questo il problema della loro relazione: l’aspettativa degli altri superiore all’amore tra i due, incrementata dall’uscita della hit, guarda caso dal nome Marry Me, già in vetta alle classifiche e trasmessa durante il matrimonio ripreso su più piattaforme.

A un passo dal fatidico sì, Kat scopre di essere stata tradita e così, pur di non sprecare quell’occasione di rendersi credibile alla cronaca internazionale, decide di convolare a nozze con un uomo qualunque presente tra la folla, uno sfigato insegnante di matematica trascinato lì dalla figlia, nonché interpretato dal padre della comedy americana Owen Wilson.

Un film leggero da guardare durate una domenica pomeriggio con un pacchetto di pop-corn davanti, in quanto il grado di attenzione richiesto è molto basso e le tematiche affrontate sull’amore, sul matrimonio e in un certo senso sul femminismo, si scontrano con la concezione che connubio tra abito bianco e bacio nuziale sia sinonimo di felicità.

Anche il monologo della bella Jennifer Lopez incentrato sulla retorica del non puoi innamorarti - e poi sposarti - dell’idea di una persona piuttosto che della persona in sé incappa con la scelta ingiustificabile di sposarsi con uno a caso solo per non fallire un’altra volta nella narrazione tradizionale del “giorno più bello per una donna”, da lei stessa creata.

D’altronde in Marry Me il tentativo è quello di ricreare la favola del vip che si innamora della persona comune, già visto e rivisto come in A Star is Born, e di come le vite dei due possono intercambiarsi pur rimanendo loro stesse. Se poi parliamo di commedia musicale la risposta è esatta: la potenza del film si iscrive nella musica e negli abiti di scena che inglobano lo schermo, come un vero concerto pop capace di attrarre anche settantamila persone insieme.

Seppur la pellicola quindi manchi di veridicità, coerenza e temeraria critica all’essere donna realizzata e felice anche da sola, Marry Me si inserisce in quel calderone di film mainstream necessari a chi vuole continuare a credere nella finzione dell’amore vero.