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Mangia!
Vitale per attitudine, sbilenco per vocazione, scombiccherato con allegria: se perdersi è l’unico modo per ritrovarsi – o perlomeno quello più interessante – allora Mangia!, esordio di Anna Piscopo, ne è un manifesto programmatico perché privo di linee guida. Teatrante corsara, barese trapiantata nella capitale e dunque erede di quella tradizione di marziani a Roma, Piscopo traduce al cinema il suo spettacolo teatrale, restando comunque nei ranghi del circuito off, in tandem con un produttore anarchico come Galliano Juso.
Incontro bizzarro, quello tra l’autrice e attrice trentenne alla prima esperienza sul grande schermo e il navigato ultraottantenne qui suo malgrado all’ultimo film (è morto nel novembre 2024), e perciò intrigante, perché l’entusiasmo trascende l’anagrafe e una comune follia innesca il riconoscimento reciproco, muovendosi dentro i confini sfumato di uno spazio che sta ai margini del sistema. Piscopo porta in scena una versione alternativa e dunque credibile di se stessa, protagonista di un flusso disordinato e simpaticamente sconclusionato, troppo singolare per imporsi quale voce emblematica di una generazione intasata di sogni e bisogni eppure così irriducibile da raccontare il malessere di un tempo inquieto.
Cabaret grottesco e performance punk, one woman show e corale di voci sole, revival neorealista (il cast è di non professionisti che rifanno se stessi) all’altezza di quel che resta del Dogma 95: Mangia! si confronta con le ambizioni sbagliate e le aspettative altrui, tiene dentro i vitelloni e i freaks, gira per le strade di una provincia – Catania, parte per il tutto di questa Italia nera: fotografia di Daniele Gangemi – con un grande avvenire alle spalle e un futuro che è già passato.
La bulimia è questione allegorica ancorché dato esteriore – e patologico – oltre che precipitato emotivo, con la fame – di vita che manca, di ricordi ingombranti, di amori perduti – che diventa misura, l’amarezza come antidoto alla retorica, la caricatura per afferrare il reale. La rabbia sfida l’orgoglio, l’arte della gioia si fa manuale, la ricerca di un posto nel mondo è perpetua. Decisivo il tessuto musicale: Tony Esposito porta in dote l’evocazione del blues metropolitano, Fabio Abate la benedizione di Carmen Consoli. Distribuzione indipendente, in tour: da seguire.