I musical riescono sempre a far breccia nel cuore dello spettatore. Spesso la trama resta in secondo piano, per concentrarsi sulle evoluzioni di attori e ballerini. E poi ci sono le canzoni, il toccasana per eccellenza, che creano subito una grande empatia e spingono a sognare a occhi aperti. In fondo la fortuna di Un americano a Parigi (oltre al talento di Gene Kelly e Leslie Caron) è stata proprio la sequenza finale, un tripudio di colori in una città onirica, surreale, dove l’amore vince su tutto.

Aspettando le melodie di A Star Is Born al prossimo Festival di Venezia, forse le migliori ballate degli ultimi anni arrivano proprio dal primo capitolo di Mamma Mia! (tralasciando il travolgente La La Land di Damien Chazelle e l’epica di Les Misérables di Tom Hooper). La storia riprendeva quella portata sul palcoscenico di Londra nel 1999 da Catherine Johnson e Judy Craymer, che fu un successo.

 

La chiave erano le performance camaleontiche dell’inossidabile Meryl Streep e tutte le hit degli Abba, un gruppo svedese di pop melodico che negli anni Settanta vendette milioni di dischi. Anche in Mamma Mia! Ci risiamo la formula è la stessa. Il buon umore è contagioso, si esalta l’idea di una famiglia allargata (la protagonista ha addirittura tre padri), e i lustrini con i vestiti eccentrici riportano a un’atmosfera vintage, quando la band di Dancing Queen era ancora in attività.

Lo spirito è un po’ hippie, richiama la libertà dei costumi, la lotta contro una società da cui bisogna fuggire, la scelta della natura invece delle metropoli caotiche e sovraffollate.  Peccato che il ritornello alla lunga non si rinnovi. Questo numero due è costruito sulla falsariga del primo, senza particolari colpi di scena o novità visiva.

L’ambientazione è sempre la paradisiaca isola di Kalokairi, e la struttura è quella di un sequel/prequel che cavalca il successo dell’originale. La bella figlia della mitica Donna (interpretata dalla Streep) è cresciuta, e adesso deve affrontare l’età adulta. Ha sistemato l’albergo della madre e sta per riaprirlo. Ai suoi problemi quotidiani si alternano i flashback del passato di Donna, che ripercorrono la sua giovinezza, quando alternava l’università alla voglia di evadere e alle avventure amorose.

La vena romantica non cambia, si gioca sulla tripla love story a cavallo tra presente e passato. Lo svedese, l’inglese e l’americano continuano a contendersi il cuore di Donna, e i buoni sentimenti (qui portati all’eccesso) trionfano. E alla fine si rischia l’effetto carnevale, con una sfilata di vecchie glorie piene di autoironia (forse troppa). Sequenza da ricordare: Stellan Skarsgård e Colin Firth che fanno il verso a Titanic. Meglio prenderla sul ridere e accettare l’operazione nostalgia, cullandosi sulle note di Fernando riadattata da Cher ed Andy Garcia.