Molti, forse, conoscono l’apneista Jacques Mayol per Le grand bleu di Luc Besson, che ne raccontava la storica rivalità con Enzo Maiorca (nel film chiamato Molinari per evitare grane: Maiorca la prese male comunque e bloccò la distribuzione per più di dieci anni). Ma la vita di Mayol fu essa stessa cinema, come dimostra L’uomo delfino, il documentario di Lefteris Charitos che rievoca l’avventura esistenziale del leggendario apneista tra testimonianze di parenti e amici e materiali d’archivio.

Jean-Marc Barr, già protagonista del cult di Besson, si cala ancora una volta nell’icona, prestando la voce (narrante) alle parole di colui che pensava il mare come unica casa possibile. Lo si evince, d’altronde, dal titolo che lo accosta al regno dei mammiferi marini per sottolineare la sua reale appartenenza. “Era come se ci conoscessimo da sempre” dice Mayol dopo il primo incontro coi delfini.

 

La sua è una figura titanica che appartiene a una mitologia inconciliabile con il contemporaneo, un eroe romantico le cui gesta epiche venivano riportate nelle pagine della cronaca con la certezza che di lì a breve sarebbero entrate in quelle dei libri di storia.

Grazie alle straordinarie immagini d’epoca che ritraggono Mayol nella profondità degli abissi, L’uomo delfino restituisce lo stupore di quei documentari d’esplorazione tipici degli anni Cinquanta (Il mondo del silenzio e gli altri lavori di Jacques Costeau, Sesto Continente di Folco Quilici), facendo letteralmente immergere lo spettatore in una suggestiva esperienza sensoriale dominata dall’immensità del grande blu.

 

Oltre al racconto in apnea, Charitos si concentra anche sul profilo “mediatico” e “romanzesco” del personaggio (un tipo che ideò addirittura un film erotico sott'acqua, Lure of the Triangle). Evidenzia la complessità di un uomo sospeso tra la meditazione necessaria per mantenere il controllo e la fame di conquistare il mondo, l’esigenza di superare i limiti del corpo e della natura e la consapevolezza di non poter addomesticare i demoni interiori. Vitalistico e tormentato, Mayol rivive in questa lettera d’amore a un mondo che non esiste più.