L’uomo comune al centro della Storia. Per Lang dentro a ogni persona si nascondeva uno spirito criminale, per Hitchcock era l’innocente a essere sempre perseguitato. E ancora: Spielberg, in Il ponte delle spie, sceglieva un avvocato per risolvere una delle controversie più spinose della Guerra Fredda. Allo stesso modo in L’ombra delle spie di Dominic Cooke è un venditore a essere reclutato per finire “al servizio segreto di Sua Maestà”.

Il suo volto è quello di un Benedict Cumberbatch ispirato, che consuma il suo fisico per calarsi in una spy story forse un po’ prevedibile, ma con un ritmo ben sostenuto. Morto Stalin, se ne fa un altro, ironizzava nel 2017 Armando Iannucci, e il nome del novello Stalin era Nikita Krusciov. Siamo nel 1960, il rapporto tra Unione Sovietica e Stati Uniti si inasprisce, si sta avvicinando la crisi dei missili di Cuba, ben raccontata da Robert De Niro in The Good Shepard – L’ombra del potere. Per evitare l’apocalisse nucleare, un pezzo grosso dell’URSS inizia a passare informazioni a inglesi e americani.

Niente di nuovo, ma L’ombra delle spie ha il pregio di tenere alta la tensione, di dare linfa a un genere che negli ultimi tempi si è coniugato sempre più al femminile. Una volta a essere chiamata l’Atomica era Rita Hayworth, l’eterna Gilda. Oggi l’Atomica bionda è Charlize Theron, Angelina Jolie in Salt, Jennifer Lawrence in Red Sparrow… Cumberbatch non ha nulla da invidiare alle sue colleghe. Ogni tanto strizza l’occhio a James Bond, ma sa anche mettersi nei panni della vittima quando i toni diventano quelli di un prison movie.

 

Richiami a L’angolo rosso – Colpevole fino a prova contraria con Richard Gere, cronaca di due eroi separati solo dai colori della bandiera. Ma il regista conosce le regole della spy story, non aggiunge inutili orpelli alla narrazione, si avvicina alla “storia vera” con rispetto, esaltando anche il senso di abnegazione di un semplice commesso viaggiatore.

L’ombra delle spie è una vicenda lineare, priva di doppi e tripli giochi che spesso appesantiscono invece di appassionare. È un film misurato, che conferma l’interesse di Cooke per i drammi in costume. Il suo esordio era stato Chesil Beach – Il segreto di una notte con Saoirse Ronan. Eravamo sempre negli anni Sessanta, in Inghilterra. Si raccontava di una passione mai consumata, di un amore osteggiato dallo spirito dell’epoca. Qui Cooke ragiona sugli stessi temi, trasforma l’amore fisico in quello per la patria, e si schiera con vigore dalla parte di un’umanità che rischia di essere inghiottita dall’abisso in cui sta guardando.